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Il Regno Unito è un Paese cristiano ma se lo dici vieni licenziato

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14.12.2025

Che un detective dell’unità abusi sui minori abbia dovuto perdere tempo a verificare se ricordare l’esistenza della Chiesa d’Inghilterra costituisca un crimine è già abbastanza tragico. Che il meccanismo del safeguarding (progettato per garantire che i bambini possano imparare in un ambiente sicuro) sia stato usato come clava contro un professore colpevole di dire la verità, e non bugie, ai propri alunni lo è ancora di più.

Il caso dell’insegnante londinese licenziato per aver ricordato a un alunno musulmano che «la Gran Bretagna è ancora uno Stato cristiano» non sarà quello del classico profanatore di “pronomi preferiti”, ma, quanto a conseguenze drammatiche, ha da fare concorrenza alle tante vittime della scuola inglese concepita come laboratorio di attivisti e con i bambini ridotti a cavie di un nuovo genere fantasy.

Spiega agli alunni che il Regno Unito è cristiano e viene licenziato

Ricapitoliamo i fatti. In una scuola primaria laica della capitale, alcuni bambini musulmani si lavano i piedi nei lavandini comuni prima della preghiera. La scuola vieta da tempo le preghiere nel cortile e, di conseguenza, le abluzioni rituali nei bagni condivisi: per questo ha messo a disposizione dei ragazzi una stanza apposita per pregare. L’insegnante richiama all’ordine i ragazzi, parla di tolleranza (valore britannico sancito dalla legge) e aggiunge che il Regno Unito è ancora uno Stato cristiano. Che il Re è capo della Chiesa d’Inghilterra e che l’Islam è tuttora una religione di minoranza nel paese.

Apriti cielo. Denuncia, sospensione, licenziamento, indagine di polizia per hate crime, con l’ispettore capo della squadra abusi sui minori, segnalazione al comitato di tutela. Siamo all’inizio del 2024. L’insegnante viene inserito nella lista nera dei docenti che non possono lavorare con i bambini. Motivo? Rischia di causare “danni emotivi”.

Solo dopo mesi di calvario la Teaching Regulation Agency archivia tutto: nessuna colpa, nessun caso. L’insegnante vince l’appello, trova un altro posto e ora fa causa al municipio con l’aiuto della

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