menu_open
Columnists
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Il ricordo Quando Eugenio Borgna mi diceva che l'inferno è essere soli

7 9
06.12.2024

Eugenio Borgna nel ’43 aveva 13 anni. Suo padre, partigiano cattolico, combatteva in val d’Ossola. Da Borgomanero la madre aveva portato i figli in un paesino sopra al lago d’Orta, per timore di rappresaglie. Abitavano vicino alla chiesa. Un’attesa silenziosa e interminabile. Nel timore che i tedeschi bussassero. E un giorno i tedeschi bussarono: voci ostili, andirivieni di stivali. Chiesero del padre. Eugenio, che studiava il tedesco, rispose mitemente che il papà non era lì. Tanto si sorprese l’ufficiale – un bambino italiano che gli rispondeva gentilmente nella sua lingua, in giorni in cui in Italia si maledivano i tedeschi – che richiamò i suoi, e se ne andò. Il ragazzino con gli occhi chiari, esile, tornò nella sua stanza. Certi pomeriggi a quell’età sono infiniti se, a fronte dell’ansia di vivere, la vita sembra sospesa.

Dopo anni che lo intervistavo, il professor Borgna, uno dei massimi psichiatri italiani, morto mercoledì all’età di 94 anni, mi raccontò di quei suoi giorni adolescenti accanto a un campanile che batteva ogni quarto d’ora, anche di notte: «Nel sonno continuavo a svegliarmi, scoprendo un tempo che non passava mai. Un tempo immobile. Le lancette dell’orologio avanzavano regolarmente, ma io mi affacciavo sulla........

© Avvenire


Get it on Google Play