Ecco a Caracalla il pastiche di De Gregori e Zalone, un “feat.” non replicabile
Lo sfizio di rompere gli schemi. “Ci va di farlo e lo facciamo, è un sollazzo di passaggio, vogliateci bene e divertitevi con noi. Siamo come Vannacci che fa il trenino con Luxuria”. Una cosa che non poteva serializzarsi, perché allora si sarebbe trasformata da momento in modulo
Bizzarra la vicenda del sodalizio tra Francesco De Gregori e Checco Zalone, nato fuoricampo, insomma in privato e casualmente, e poi attraverso chissà quali percorsi, approdato alla registrazione di un album quasi di nascosto, comunque al riparo da sguardi indiscreti, per evitare il rimbombo di tutti coloro che avrebbero avuto qualcosa da dire, ed è inevitabile che ci sarebbero stati. Infine celebrato, all’indomani dell’uscita dell’album primaverile che ha reso noto l’affare, con un paio di serate romane a Caracalla, una toccata e fuga, niente tournée, niente teatri, niente sodalizio certificato, quasi che la cosa non dovesse perdere la natura originale, generata appunto per caso, avvicinando due punti apparentemente lontani e collocandoli in una sfera dove il gioco però si rivelava sofisticato: come fare una cosa insieme, rispettandosi, rispondendosi, con una reciproca sorridente disposizione, sapendo fare il proprio assai bene, ma con la precisa intenzione di non strafare.
Si comincia con Checco solo, seduto al pianoforte, con un’overture di Morricone, una roba che sembra subito seria e un po’ spiazza, finché non derapa dentro al “Pianista di Piano Bar”, arriva Francesco e l’atmosfera si scioglie.........
© Il Foglio
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