Quant'è banale dire che la secolarizzazione segna la fine della religione
Siamo passati da una società in cui tutti, almeno sulla carta, credevano in Dio, a una società nella quale la fede anche per il credente è soltanto una possibilità umana tra tante. Ma questo in fondo può rappresentare una grande opportunità
La spiritualità della quale la religione è stata custode per secoli sembra essersi eclissata. Colpa della secolarizzazione, si potrebbe dire. Ma la secolarizzazione non ha distrutto la spiritualità, l’ha soltanto pluralizzata. Se ieri la spiritualità si riferiva a una religione, a una “regola” o a un insieme di regole grazie alle quali avvicinarsi a Dio, una serie di pratiche che comportavano impegno e privazioni, una sorta di addestramento, a volte persino doloroso, che veniva accettato in vista di un bene futuro più grande, la salvezza, oggi è venuto meno precisamente questo orizzonte comune e ognuno cerca di soddisfare a modo suo le proprie esigenze spirituali. Se ieri la spiritualità si esercitava in un orizzonte di fede in Dio, diciamo di credenza, oggi essa si esercita in un orizzonte contrassegnato soprattutto dalla non credenza. Siamo passati da una società in cui tutti, almeno sulla carta, credevano in Dio, a una società nella quale la fede anche per il credente è soltanto una possibilità umana tra tante. Di qui il crescente sganciamento della spiritualità dalla religione e il proliferare di forme di spiritualità in aperto contrasto con la religione.
Oggi le nostre esigenze spirituali non si ispirano più a una regola........
© Il Foglio
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