Il corpo-soggetto: un paradigma liberale/22
La deriva delle politiche climatiche,
ambientali e green
C’è un risvolto comune ‒ poco diffuso e quindi immediatamente poco tangibile – che contraddistingue e lega le battaglie e le politiche ambientaliste che da un certo momento in poi hanno dominato il campo politico e sociale. Si tratta del fatto che, superata una soglia ampiamente “condivisa” di interventi, sui quali il consenso era unanime, le misure per la protezione ambientale hanno via via assunto livelli sempre più pervasivi, sino a diventare parossistici e ossessivi finendo con il rappresentare, in modo inequivocabile, solo un tentativo di modificare radicalmente le nostre vite.
Quel che sta avvenendo ha, cioè, lo scopo di limitare e stravolgere una serie di azioni, di automatismi e di actings secolari a cui il corpo di un individuo – cittadino del mondo del terziario avanzato – è ormai abituato e assuefatto. In altre parole, in venti, trenta, anni, il pensiero ambientalista e green è passato dall’essere preoccupato alla conservazione e alla protezione dell’ambiente ad un pensiero, dominato da un credo “aggressivo” nei confronti dell’essere umano e delle sue libertà.
Si è iniziato con le campagne contro il fumo, restringendo progressivamente le aree per i fumatori. Ciò mentre sulle droghe e sugli alcolici, al di là di alcune leggi sulla “modica quantità” e sulle campagne legate alla “guida”, vige un certo permissivismo sociale.
Alla guerra dichiarata alla libertà di fumare, ha fatto seguito la guerra ai consumi di energia a cui sono correlate la libertà di riscaldarsi o di avere aria condizionata in casa (con limitazioni alle temperature massime di inverno e minime d’estate). La limitazione all’uso dei carburanti ha portato alla guerra alla libertà di movimento, arrivando a concepire la “città dei 15 minuti”, che limita e impedisce di uscire da certi confini prestabiliti dal tempo di percorrenza, limitando quindi........
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