Una Lady Macbeth ingentilita, nel distretto delle buone maniere /
Milano – Le belle maniere sono gradite sempre, ma alla Scala di più. Poco o punto compatibili, però, con Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk: Šostakovič non le vuole affatto, in questo capolavoro dove il tragico s’impasta di grottesco, dove fango e sperma e derisione si mescolano inestricabilmente in un impasto dove il sesso – furibondo o impotente o fetido – permea si può dire ogni scena. E invece, tutto quanto sentiamo e vediamo qui è edulcorato, appiattito, ammorbidito, patinato: si programma un film di Fassbinder, però lo si fa rigirare da Walt Disney.
Certo, l’orchestra di Riccardo Chailly srotola impeccabilmente il denso tessuto polifonico cesellandone con puntigliosa precisione gli stupendi episodi cameristici, ma la certosina ricerca del “bel suono” – in una partitura che programmaticamente l’esclude – arrotonda ogni punta aguzza; così come la sensualità rabbiosa di Katerina la si stempera in melanconia quasi sognante: bella da sentire, certo, bellissima, ma la si avverte priva della sua autentica ragion d’essere........





















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