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I bravi presentatori

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02.06.2024

Da Mike e Corrado a Carlo Conti e Amadeus, passando da Santoro e Fazio. Sventagliata sui conduttori d’Italia

Bambino negli anni Ottanta, mi portarono una volta, non saprei bene perché, a vedere una registrazione del “Pranzo è servito”. Lo studio era dalle parti di Piazzale Clodio a Roma o forse era la Dear, sulla Nomentana. La scenografia sembrava un gigantesco tiro a segno del Luna-Park, col tovaglione a quadretti, il disco delle portate, le posate, i concorrenti dietro una postazione a forma di pila di piatti. Corrado era impeccabile. Elegantissimo. Brillante come quei vecchi attori di Hollywood che finivano a fare qualche spot ma non perdevano mai l’aplomb. Terminata la puntata si fermò a chiacchierare col pubblico. Tutti gli chiedevano l’autografo. Lui assecondava, scherzava. Per me era solo il presentatore del “Pranzo è servito”, ma per gli adulti lì dentro era un pezzo di storia d’Italia. Il Corrado di “Canzonissima”, “Fantastico”, “L’amico del giaguaro”, “Un disco per l’estate”, il Corrado dell’Eiar, della radio alleata e di “Bellissima” di Visconti, dove Corrado fa sé stesso e sulle note dell’“Elisir d’amore” di Donizetti annuncia il casting per cercare “una graziosa bambina italiana”. Corrado aveva lanciato Alberto Sordi. Aveva avuto tra gli autori gente come Ettore Scola. Aveva presentato la prima trasmissione televisiva in assoluto, ancora sperimentale, alla Triennale di Milano, nel 1949. Trent’anni dopo si era inventato “Domenica In” e “La Corrida”, padre e madre di tutti i talent-show, quando ancora non si prendevano sul serio e il concorrente non diceva “è stato un bellissimo percorso”. Nato nel 1924, come Mike Bongiorno, Corrado è oggi un po’ dimenticato. Non avrà il suo centenario e non ha neanche uno studio o un centro televisivo dedicato, ma una piccola strada a Castel Giubileo, periferia di Roma Est, dove non passa nessuno.


Mike Bongiorno è invece festeggiato in questi giorni come un padre della patria: mostre, eventi, libri, una targa in via Giovanni Da Procida, un francobollo e naturalmente un biopic Rai in preparazione sulla vita avventurosa del giovane Mike, tra una New York degli anni Trenta ricreata in Bulgaria e gli uffici milanesi della Rai ricostruiti al Teatro Gobetti di Torino. Una sacrosanta rivincita per lui che non riuscì a diventare senatore a vita, come gli aveva promesso Berlusconi (nel frattempo, con le prime manovre per il premierato, i senatori a vita si avviano a scomparire, e pazienza per qualche conduttore che magari ci faceva ancora un pensierino). Ci fu all’epoca anche un appello accorato del Foglio: “Uno scranno di Palazzo Madama sia riservato a Mike Bongiorno, presentatore, primo volto della tivù di Stato e prima star di quella privata, padre della lingua, figlio di emigranti, fuggitivo in montagna coi partigiani, prigioniero a San Vittore con Montanelli, rinchiuso nei lager, amato da Carlo Levi, testimonial di grappe e prosciutti e testimone della Repubblica”. Ma si era nel climax dell’antiberlusconismo più sfrenato, coi girotondi intorno al Quirinale. Mike Bongiorno insieme a Bobbio, De Martino, Carlo Bo, Ferruccio Parri e Rita Levi Montalcini, faceva sghignazzare la sinistra. Gli fu preferito Mario Luzi, nominato poco dopo, evocando anche con........

© Il Foglio


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