La Roma di Gadda, ovvero la topografia di una disillusione
Il romanziere fu fascista e poi disilluso: la capitale restò per lui il fondale di cartapesta in cui si muoveva Mussolini
Nel freddo dei baraccamenti del campo di prigionia, dietro il filo spinato e sotto lo svogliato sguardo delle sentinelle, un manipolo di uomini solleva in alto i bicchieri e celebra il Natale di Roma. In disparte, escluso dalla celebrazione in quanto di origini milanesi, un giovane tenente rivolge comunque il suo “saluto del figlio senza scarpe alla Madre lontana ed augusta ed eterna”. Quel militare è Carlo Emilio Gadda. Fervente interventista, spirito risorgimentale, anche per ragioni di milieu familiare, il futuro scrittore si arruola, combatte nelle trincee della prima guerra mondiale e viene poi fatto prigioniero. Memoriale di quei giorni che contiene l’estratto di cui sopra, il “Giornale di guerra e di prigionia” edito da Adelphi. Gadda accetta serenamente la sua esclusione dal rituale che i prigionieri romani e laziali hanno inscenato. In primo luogo, perché sa egli stesso di non essere romano, ma in secondo luogo ed è questa la vera motivazione perché........
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