Il professore “linciato” perché osa difendere Turetta è il segno della barbarie populista
In un Paese saldamente democratico i media avrebbero dovuto stigmatizzare, se non censuare, la notizia della ignobile petizione in cui si sostiene la presunta incompatibilità fra il ruolo di professore universitario e quella di avvocato difensore di Filippo Turetta, indagato per l’omicidio di Giulia Cecchettin. In Italia, invece, la notizia ha avuto ampio risalto, certamente maggiore rispetto alla netta e condivisibile risposta della Rettrice dell’Università di Padova che ha semplicemente richiamato elementari principi giuridici (la difesa è un diritto di tutti) nel respingere sdegnatamente la delirante richiesta di destituzione del prof. Caruso. Già questo disallineamento delle notizie meriterebbe una riflessione sul pericoloso scivolamento dell’informazione, comprese le maggiori testate nazionali, verso il modello scandalistico dei tabloid inglesi. Al netto delle distorsioni indotte dal processo mediatico, o peggio ancora social- mediatico, la vicenda si presta ad almeno due distinti piani di lettura.
Il primo concerne la plastica rappresentazione del degrado morale e culturale del dibattito pubblico sui temi della giustizia penale. Dopo anni di retorica giustizialista e populista elevata a programma politico dall’allora partito di maggioranza relativa,........
© Il Dubbio
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