Sparò all’uomo che abusava di lei: condanna a 11 anni di carcere
Qual è il confine tra legittima difesa e giustizia privata? E come si giudica un crimine, quando alla sbarra ci finisce una ragazzina nera, vittima di abusi, che ha smesso di credere nella legge?
Lunedì scorso negli Stati Uniti una giovane afroamericana di Milwaukee, Chrystul Kizer, è stata condannata a 11 anni di carcere per aver ucciso Randall Volar, il 34enne bianco che l’ha adescata e sfruttata sessualmente quando aveva 16 anni. Nel 2018 gli ha sparato due colpi in testa, e poi ha dato fuoco all’abitazione in cui si trovava il corpo scappando a bordo dell’auto del suo aguzzino.
Dopo l’arresto ha confessato l’omicidio. Gli investigatori hanno trovato i filmati degli abusi, registrati dall’uomo. Insieme a una foto di Chrystul, custodita in casa con quelle di molte altre presunte vittime, giovani nere, alcune delle quali identificate come minorenni.
Per la procura non c’è dubbio: gli abusi sono comprovati, ma Chrystul non ha agito per difendersi. Al contrario, per l’accusa, avrebbe premeditato l’omicidio per rubare l’auto della sua vittima. La difesa ha sempre sostenuto che la giovane non potesse essere ritenuta penalmente responsabile dei crimini a lei imputati in quanto vittima di tratta. Ma a chiudere il caso è il verdetto del tribunale di Kenosha, nel Wisconsin, giunta dopo sei anni di battaglia legale: lo scorso maggio Chrystul ha deciso di patteggiare dichiarandosi colpevole di omicidio colposo di secondo grado, pur di evitare il processo e una pena quasi certa all’ergastolo.
Ormai 24enne, è pronta a lasciarsi tutto alle spalle. «Posso provare ad andare avanti», aveva detto quest’anno al Washington Post parlando dal carcere. Dove ha già scontato un anno e mezzo della sua pena. Che in........
© Il Dubbio
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