Quarant’anni di flop, rinvii e battaglie legali. Sul fine vita una legge è ancora (im)possibile?
La prima volta ci provò nel 1984 Loris Fortuna, deputato socialista e “papà” della legge sul divorzio, che si mise in testa di restituire dignità al malato con una proposta sul fine vita. Il progetto non andò mai in porto: naufragò appena un anno dopo con la sua morte. E da allora le cose non sono andate meglio.
Negli ultimi 40 anni ogni tentativo di disciplinare l’eutanasia e il suicidio assistito si è impelagato nel dibattito politico senza mai superare la prova del Parlamento. Nonostante i ripetuti richiami della Corte Costituzionale e la miriade di proposte, tra disegni di legge e referendum, avanzate periodicamente. Solo nell’ultima legislatura se ne contano quasi dieci, tra cui il ddl a prima firma Alfredo Bazoli, attualmente “sepolto” a Palazzo Madama. La proposta del capogruppo Pd in commissione Giustizia, che mira a normare il suicidio assistito riprendendo integralmente il testo unificato approvato in prima lettura a Montecitorio nella passata legislatura, ha raccolto le firme di oltre un terzo dei senatori. E sarebbe dovuta arrivare il Aula dopo la pausa estiva, il 17 settembre, in virtù dell’accordo raggiunto tra le opposizioni. Che hanno “spinto” la calendarizzazione sfruttando l’articolo 53 del regolamento del Senato («I disegni di legge, gli atti di indirizzo e gli atti di sindacato ispettivo sottoscritti da almeno un terzo dei senatori sono inseriti........
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