Baby gang, quei “cattivi ragazzi” tra percezione e realtà
Si trovano principalmente nelle grandi aree urbane, più al Nord che al Sud, nei dintorni delle stazioni o dei centri commerciali. Gruppi che non sforano quasi mai i dieci, tutti maschi, prevalentemente italiani, giovani tra i 15 e i 24 anni. Ragazzi che provengono da contesti di marginalità o disagio socio-economico, il cui primo bersaglio sono i proprio coetanei. I media le chiamano “baby gang”. Ma cosa sono davvero? E quanto bisogna preoccuparsi?
L’unico identikit che abbiamo, l’unico che poggi davvero sui dati, descrive un fenomeno abbastanza diffuso, ma non allarmante. E comunque distante dai toni apocalittici con cui viene presentato dai media. I fatti di cronaca di cui si ha notizia, e non ultimo quello consumato la scorsa estate a Caivano – la città campana che ha dato il nome a un decreto del governo e ha riportato la premier sul posto proprio oggi per l’inaugurazione del nuovo centro sportivo - fanno una certa impressione. Ma lontano dai toni enfatici che raccontano di una “devianza giovanile” irredimibile, si trovano i numeri. E questi parlano di una tendenza da tenere sott’occhio, applicando con cautela il marchio di emergenza.
«Sarebbe importante riconoscere che la sicurezza reale e quella percepita non sempre coincidono», spiega Stefano Delfini, Direttore del Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale........
© Il Dubbio
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