Resa dei conti in Commissione Antimafia: addio alla dittatura dei pubblici ministeri
La materia è delicata. Si tratta innanzitutto delle verità mai abbastanza esplorate sugli orrori del 1992. Su Capaci, via D’Amelio e sul peso che, soprattutto in relazione alla strage in cui fu ucciso Paolo Borsellino, rivestì l’indagine “Mafia-appalti”, cara a entrambi i magistrati-eroi.
Su quel versante costellato da snodi complicatissimi, il senatore M5S Roberto Scarpinato, già procuratore generale di Palermo e prima ancora pm antimafia nel capoluogo siciliano, è “parte in causa”: ha vissuto i giorni che precedettero l’eccidio del 19 luglio 1992 come titolare del fascicolo, che illuminava gli intrecci fra Cosa nostra e imprese del Nord. Su questo squarcio di storia – quasi sempre relegato all’invisibilità carsica, con la sola infaticabile eccezione degli articoli firmati su queste pagine da Damiano Aliprandi – la commissione parlamentare Antimafia ha deciso di accendere finalmente un faro. Ha dato voce, nelle audizioni, ai soli interlocutori davvero interessati a valorizzare “Mafia-appalti” come chiave per spiegare via D’Amelio: i figli di Paolo Borsellino, Fiammetta, Manfredi e Lucia, e il marito di quest’ultima, Fabio Trizzino, avvocato che difende da anni la famiglia del magistrato assassinato.
Le visioni dei Borsellino e di Trizzino non coincidono, anzi contrastano con la ricostruzione che Scarpinato propone sul dossier “Mafia-appalti”. A Palazzo San Macuto, sede della commissione Antimafia,........
© Il Dubbio
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