«Si tira dritto». Migranti, la linea Meloni-Nordio
A uno sguardo superficiale, si direbbe che siamo agli atti di autolesionismo. O meglio, al pallone calciato in corner alla disperata, sotto l’assedio della squadra avversaria. L’emendamento al decreto Flussi che trasferisce alle Corti d’appello la competenza sui ricorsi dei migranti sembrerebbe un rimedio poco strategico, a voler usare un eufemismo. Intanto potrebbe allontanare i target di efficienza concordati, nell’ambito del Pnrr, per i giudizi di secondo grado, e in ogni caso rischia di rinviare solo di poco il minuto del “gol” avversario.
La modifica proposta dalla relatrice Sara Kelany, di FdI, nella commissione Affari costituzionali di Montecitorio di per sé sarebbe insufficiente a spezzare la sequenza di batoste inflitte, sui migranti e sul modello Albania, dalle toghe al centrodestra. Se i consiglieri di Corte d’appello sono un po’ meno esperti, meno specializzati in materia di protezione internazionale, rispetto ai colleghi delle sezioni “dedicate” istituite in primo grado, è pur vero che si tratta di magistrati con maggiore esperienza, obbligati dal loro stesso ruolo a un’ancora più meditata e cauta ponderazione.
E dunque a una ancora più elevata attenzione per i diritti sanciti, dalla Costituzione italiana, nella prima, intangibile serie di articoli. Ma è invece proprio in vista di una valutazione più complessiva che l’Esecutivo ha deciso di modificare, intanto, la “destinazione di arrivo” dei ricorsi presentati dai richiedenti asilo, incluso chi verrà, anche in futuro, “trattenuto” nel centro albanese di Gjader.
Al momento sembra improbabile che l’orientamento della magistratura possa cambiare, che si tratti di giudici assegnati alle sezioni Immigrazione dei Tribunali o, appunto, delle Corti d’appello. Eppure ci sono aspetti sui quali il governo è convinto di........
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