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Riforme? Inutili: con Toti i pm fanno prigioniera l’intera politica

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10.08.2024

Ci sono, nella disavventura giudiziaria e politica di Giovanni Toti, tre indizi che raccontano uno snodo cruciale del trentennale conflitto tra magistratura e politica nel nostro Paese e che mutano in maniera definitiva il controllo di legalità esercitato dall’azione penale in un controllo di merito orientato alle prescrizioni e agli obiettivi di una ideologia morale. Si tratta di un passaggio sottaciuto, o quantomeno sottovalutato nel dibattito pubblico, ma che è destinato a produrre nel cosiddetto diritto vivente effetti difficilmente sormontabili, capaci di vanificare l’esito delle riforme pure in fieri della custodia cautelare e di accentuare la subalternità del potere politico a quello giudiziario.

Il primo indizio riguarda l’idea che possa darsi corruzione attraverso atti leciti e finanziamenti regolarmente dichiarati dalla politica. Che, cioè, la coesistenza di un vantaggio prodotto da un atto amministrativo a un imprenditore, e il finanziamento dell’imprenditore al politico che l’atto ha emanato o intermediato, rappresenti da sola l’elemento oggettivo del reato. La cui natura di scambio tra prestazioni corrispettive viene dedotta dalla relazione umana tra imprenditore e politico, certificata dalle intercettazioni. Questa relazione è considerata insieme essenza del reato e prova. Che, in una........

© Il Dubbio


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