Basta ipocrisie: di gogna si muore, anche solo per “riassunto”...
Di riassunto si può morire. Non diversamente da come si muore di intercettazioni. Usciamo, se possibile, dall’ipocrisia: se un giornale scrive che il sottoscritto è stato arrestato con l’accusa di pedofilia per aver abusato di una bimba, e lo racconta per sintesi anziché esibire le intercettazioni, non per questo la gogna è men dura.
La parafrasi maliziosa e suggestionante al posto del virgolettato, scritta con l’intento di farne l’interpretazione autentica del sospetto del pubblico ministero, è una lama non meno affilata del testo integrale dell’ordinanza cautelare. A proposito di gogna, il falso narrativo dello scandalo dell’Hotel Champagne, con cui si realizza un cambio di potere nel Csm, è un riassunto di intercettazioni che una manina occulta ha messo nelle mani di giornalisti compiacenti.
Questo per dire che il rimedio di vietarne la pubblicazione, approvato dalla Camera e benedetto da molti come una conquista di civiltà, non protegge l’indagato, che ne è il destinatario. Chi pure lo pensa, paga la miopia che talvolta affligge i competenti, e che mostra quanto le aule parlamentari e tribunalizie possano essere, allo stesso modo, distanti dal dolore della vita. Tanto da illudersi che a lenirlo sia un nascondimento di parole.
Purtroppo lo scudo è solo virtuale. Né soddisfa quell’estetica della giustizia penale tratteggiata come un modello, per contrasto con la realtà, in un bellissimo libro del giurista Ennio Amodio. Non a caso il più lucido a cogliere il cuore della questione. Che è il “formidabile impatto colpevolista della misura cautelare”, “l’uniteralità delle fonti di convincimento, che altro non sono – parole sue - se non i risultati investigativi del pubblico ministero”.
È questo il tema: la misura cautelare è la contraddizione intrinseca della giustizia umana, il senso della sua finitezza. La........
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