Il 10 gennaio alla Camera non è avvenuta una cosa di piccolo momento: su una relazione peraltro assai equilibrata del ministro della Difesa Crosetto che ha proposto un nuovo invio di armi alla Ucraina per sostenere la resistenza di quel Paese alla aggressione russa, hanno votato a favore tutti i partiti di maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati) a cui si sono aggiunti ben tre partiti della opposizione (Italia Viva, Azione, +Europa), ma la sinistra si è frantumata: astenuto il PD, contrario M5S, Verdi e Sinistra.

Per di più a sua volta il PD si è diviso, Guerini, Lia Quartapelle, Marianna Madia, Sensi e altri hanno votato sì all’invio delle armi. Questo voto nel complesso è devastante, anche rispetto al quadro internazionale. Finora il Pd non ha affatto brillato sul piano politico generale, ma ha costituito un punto fermo nel sistema politico italiano sul terreno della collocazione nella Unione Europea, nella NATO e nel rapporto con gli USA.

Questa scelta, quando Putin ha buttato definitivamente la maschera con l’operazione militare speciale del 24 Febbraio, ha esercitato un ruolo positivo nella vita politica italiana sul terreno della politica estera a fronte del putinismo esplicito latente sia del M5S sia di Forza Italia vivente Berlusconi, sia della Lega, sia di Fratelli d’Italia.

Con Conte premier in entrambe le sue edizioni l’Italia è stata allo sbando sul terreno della politica estera: unico Paese nel G7 ha aderito alla nuova via della seta del compagno Xi ping e unico Paese della NATO ha lasciato scorrazzare sul suo territorio una bella brigata dell’esercito russo composto prevalentemente da militari temprati dalle guerre in Siria con qualche medico e qualche infermiere. Ecco in un contesto così confuso, il PD di Enrico Letta, di Paolo Gentiloni, di Lorenzo Guerini ha rappresentato un punto fermo sia rispetto all'Unione Europea, sia nei confronti della NATO, sia rispetto agli USA ma anche in riferimento a quei valori occidentali che Putin e Xi Jinping stanno contestando alla radice.

Poi fortunatamente è arrivato Draghi che ha collocato l’Italia addirittura all'avanguardia sul terreno della solidarietà alla Ucraina e che ha potuto fare tutto ciò anche grazie al sostegno al PD. Ebbene dopo il voto alla Camera il 10 gennaio questo scenario è stato sconvolto. La tenuta dell’Italia su questo nodo fondamentale della politica estera è dipeso dalla scelta fatta dalla premier Meloni e dal suo ministro della Difesa Crosetto, che hanno rovesciato l’originaria posizione filo Putin di Fratelli d’Italia.

Quindi l’astensione del PD ha un significato sconvolgente per lo stesso partito. Infatti quella astensione significa che il PD non esiste più sul terreno della politica estera, che l’opposizione è del tutto disarticolata perché invece Italia Viva, Azione e +Europa hanno tenuto ferma la loro posizione europeistica e atlantica. Per parte sua invece il M5S ha votato No in coerenza alla posizione filo putinista assunta da tempo. Di conseguenza il PD allo stato è un partito totalmente allo sbando proprio sul terreno decisivo della politica estera, perché mentre il sì o il no all’invio delle armi sottintende scelte precise, l’astensione esprime una assenza di linea derivante dalla combinazione di più elementi: la rincorsa ad un pacifismo molto ambiguo, la ricerca disperata di non perdere i contatti con il M5S, che allo stato risulta egemone, rispetto alle condizioni confusionarie in cui versano la Schlein e il Pd.

Da tutto ciò deriva una serie di conseguenze una più inquietante dell’altra: allo stato l’Italia rimane ferma su una posizione coerente sul terreno dell’atlantismo e dell’Europa grazie alla premier Giorgia Meloni ed al ministro degli Esteri Antonio Tajani perché è ben nota l’ambiguità sul tema di Matteo Salvini che allo stato su questo è silenzioso in attesa di tempi migliori. Tutto ciò vuol dire che allo stato c’è un'opposizione frantumata in molteplici spezzoni che può riunificarsi solo sul no al premierato, nell’ipotesi di un referendum sull’argomento ma che non è in grado di esprimere una credibile alternativa di governo che può essere tale solo se ha una posizione chiara e precisa sul terreno della politica estera.

Di conseguenza la Schlein, imponendo al suo partito, nella sostanza, un rovesciamento sulla linea di politica estera, ha fatto alla Meloni un regalo. Per altro verso non possiamo dimenticare che sullo sfondo esiste tutta un’altra ipotesi, quella a suo tempo teorizzata da Goffredo Bettini e sintetizzata sul piano politico da Nicola Zingaretti, che indicò il “fortissimo punto di riferimento del polo progressista”. Ma a parte Guerini, Lia Quartapelle, Marianna Madia e Filippo Sensi e altri, esiste ancora nel Pd la corrente riformista degna di questo nome? Questa era l’occasione per Bonaccini di battere un colpo. Abbiamo però il dubbio che Bonaccini, vista anche l’ingenuità con cui si è fatto sconfiggere dal duo Schlein-Boccia alle primarie del PD, intenda confermare una dottrina che regolava il PCI ai tempi di Togliatti e di Longo, secondo la quale poteva svolgere il ruolo di segretario di partito solo un dirigente appartenente alla'aristocrazia politico culturale dell’antico Stato sabaudo (Piemonte, Liguria, Sardegna: di qui Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer, Natta), mentre invece gli emiliani romagnoli erano bravi solo per quello che riguarda i voti e i soldi.

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Il 10 gennaio alla Camera non è avvenuta una cosa di piccolo momento: su una relazione peraltro assai equilibrata del ministro della Difesa Crosetto che ha proposto un nuovo invio di armi alla Ucraina per sostenere la resistenza di quel Paese alla aggressione russa, hanno votato a favore tutti i partiti di maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati) a cui si sono aggiunti ben tre partiti della opposizione (Italia Viva, Azione, +Europa), ma la sinistra si è frantumata: astenuto il PD, contrario M5S, Verdi e Sinistra.

Per di più a sua volta il PD si è diviso, Guerini, Lia Quartapelle, Marianna Madia, Sensi e altri hanno votato sì all’invio delle armi. Questo voto nel complesso è devastante, anche rispetto al quadro internazionale. Finora il Pd non ha affatto brillato sul piano politico generale, ma ha costituito un punto fermo nel sistema politico italiano sul terreno della collocazione nella Unione Europea, nella NATO e nel rapporto con gli USA.

Questa scelta, quando Putin ha buttato definitivamente la maschera con l’operazione militare speciale del 24 Febbraio, ha esercitato un ruolo positivo nella vita politica italiana sul terreno della politica estera a fronte del putinismo esplicito latente sia del M5S sia di Forza Italia vivente Berlusconi, sia della Lega, sia di Fratelli d’Italia.

Con Conte premier in entrambe le sue edizioni l’Italia è stata allo sbando sul terreno della politica estera: unico Paese nel G7 ha aderito alla nuova via della seta del compagno Xi ping e unico Paese della NATO ha lasciato scorrazzare sul suo territorio una bella brigata dell’esercito russo composto prevalentemente da militari temprati dalle guerre in Siria con qualche medico e qualche infermiere. Ecco in un contesto così confuso, il PD di Enrico Letta, di Paolo Gentiloni, di Lorenzo Guerini ha rappresentato un punto fermo sia rispetto all'Unione Europea, sia nei confronti della NATO, sia rispetto agli USA ma anche in riferimento a quei valori occidentali che Putin e Xi Jinping stanno contestando alla radice.

Poi fortunatamente è arrivato Draghi che ha collocato l’Italia addirittura all'avanguardia sul terreno della solidarietà alla Ucraina e che ha potuto fare tutto ciò anche grazie al sostegno al PD. Ebbene dopo il voto alla Camera il 10 gennaio questo scenario è stato sconvolto. La tenuta dell’Italia su questo nodo fondamentale della politica estera è dipeso dalla scelta fatta dalla premier Meloni e dal suo ministro della Difesa Crosetto, che hanno rovesciato l’originaria posizione filo Putin di Fratelli d’Italia.

Quindi l’astensione del PD ha un significato sconvolgente per lo stesso partito. Infatti quella astensione significa che il PD non esiste più sul terreno della politica estera, che l’opposizione è del tutto disarticolata perché invece Italia Viva, Azione e +Europa hanno tenuto ferma la loro posizione europeistica e atlantica. Per parte sua invece il M5S ha votato No in coerenza alla posizione filo putinista assunta da tempo. Di conseguenza il PD allo stato è un partito totalmente allo sbando proprio sul terreno decisivo della politica estera, perché mentre il sì o il no all’invio delle armi sottintende scelte precise, l’astensione esprime una assenza di linea derivante dalla combinazione di più elementi: la rincorsa ad un pacifismo molto ambiguo, la ricerca disperata di non perdere i contatti con il M5S, che allo stato risulta egemone, rispetto alle condizioni confusionarie in cui versano la Schlein e il Pd.

Da tutto ciò deriva una serie di conseguenze una più inquietante dell’altra: allo stato l’Italia rimane ferma su una posizione coerente sul terreno dell’atlantismo e dell’Europa grazie alla premier Giorgia Meloni ed al ministro degli Esteri Antonio Tajani perché è ben nota l’ambiguità sul tema di Matteo Salvini che allo stato su questo è silenzioso in attesa di tempi migliori. Tutto ciò vuol dire che allo stato c’è un'opposizione frantumata in molteplici spezzoni che può riunificarsi solo sul no al premierato, nell’ipotesi di un referendum sull’argomento ma che non è in grado di esprimere una credibile alternativa di governo che può essere tale solo se ha una posizione chiara e precisa sul terreno della politica estera.

Di conseguenza la Schlein, imponendo al suo partito, nella sostanza, un rovesciamento sulla linea di politica estera, ha fatto alla Meloni un regalo. Per altro verso non possiamo dimenticare che sullo sfondo esiste tutta un’altra ipotesi, quella a suo tempo teorizzata da Goffredo Bettini e sintetizzata sul piano politico da Nicola Zingaretti, che indicò il “fortissimo punto di riferimento del polo progressista”. Ma a parte Guerini, Lia Quartapelle, Marianna Madia e Filippo Sensi e altri, esiste ancora nel Pd la corrente riformista degna di questo nome? Questa era l’occasione per Bonaccini di battere un colpo. Abbiamo però il dubbio che Bonaccini, vista anche l’ingenuità con cui si è fatto sconfiggere dal duo Schlein-Boccia alle primarie del PD, intenda confermare una dottrina che regolava il PCI ai tempi di Togliatti e di Longo, secondo la quale poteva svolgere il ruolo di segretario di partito solo un dirigente appartenente alla'aristocrazia politico culturale dell’antico Stato sabaudo (Piemonte, Liguria, Sardegna: di qui Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer, Natta), mentre invece gli emiliani romagnoli erano bravi solo per quello che riguarda i voti e i soldi.

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Pd allo sbando sull'Ucraina. Schlein fa un bel regalo a Meloni

15 0
12.01.2024

Il 10 gennaio alla Camera non è avvenuta una cosa di piccolo momento: su una relazione peraltro assai equilibrata del ministro della Difesa Crosetto che ha proposto un nuovo invio di armi alla Ucraina per sostenere la resistenza di quel Paese alla aggressione russa, hanno votato a favore tutti i partiti di maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati) a cui si sono aggiunti ben tre partiti della opposizione (Italia Viva, Azione, Europa), ma la sinistra si è frantumata: astenuto il PD, contrario M5S, Verdi e Sinistra.

Per di più a sua volta il PD si è diviso, Guerini, Lia Quartapelle, Marianna Madia, Sensi e altri hanno votato sì all’invio delle armi. Questo voto nel complesso è devastante, anche rispetto al quadro internazionale. Finora il Pd non ha affatto brillato sul piano politico generale, ma ha costituito un punto fermo nel sistema politico italiano sul terreno della collocazione nella Unione Europea, nella NATO e nel rapporto con gli USA.

Questa scelta, quando Putin ha buttato definitivamente la maschera con l’operazione militare speciale del 24 Febbraio, ha esercitato un ruolo positivo nella vita politica italiana sul terreno della politica estera a fronte del putinismo esplicito latente sia del M5S sia di Forza Italia vivente Berlusconi, sia della Lega, sia di Fratelli d’Italia.

Con Conte premier in entrambe le sue edizioni l’Italia è stata allo sbando sul terreno della politica estera: unico Paese nel G7 ha aderito alla nuova via della seta del compagno Xi ping e unico Paese della NATO ha lasciato scorrazzare sul suo territorio una bella brigata dell’esercito russo composto prevalentemente da militari temprati dalle guerre in Siria con qualche medico e qualche infermiere. Ecco in un contesto così confuso, il PD di Enrico Letta, di Paolo Gentiloni, di Lorenzo Guerini ha rappresentato un punto fermo sia rispetto all'Unione Europea, sia nei confronti della NATO, sia rispetto agli USA ma anche in riferimento a quei valori occidentali che Putin e Xi Jinping stanno contestando alla radice.

Poi fortunatamente è arrivato Draghi che ha collocato l’Italia addirittura all'avanguardia sul terreno della solidarietà alla Ucraina e che ha potuto fare tutto ciò anche grazie al sostegno al PD. Ebbene dopo il voto alla Camera il 10 gennaio questo scenario è stato sconvolto. La tenuta dell’Italia su questo nodo fondamentale della politica estera è dipeso dalla scelta fatta dalla premier Meloni e dal suo ministro della Difesa Crosetto, che hanno rovesciato l’originaria posizione filo Putin di Fratelli d’Italia.

Quindi l’astensione del PD ha un significato sconvolgente per lo stesso partito. Infatti quella astensione significa che il PD non esiste più sul terreno della politica estera, che........

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