Il gravissimo quadro internazionale con due guerre nel loro corso si riflette in vario modo in Italia, anche con episodi in cui talora il dramma si intreccia con il grottesco. Partiamo da quello meno grave, cioè dal grido: “Viva l’Italia anti fascista” che un loggionista e esperimentato melomane ha pensato bene di urlare dopo l’inno d’Italia alla Scala: la vista sul palco reale di Ignazio La Russa, Presidente del Senato, evidentemente lo ha sconvolto al punto tale da lanciare quel messaggio che però sarebbe stato giustificato solo il Fascismo fosse alle porte, cosa che francamente non sta avvenendo. Si tratta però di un sintomo preoccupante che mette in evidenza un nervosismo eccessivo e che poi può produrre, come la storia ci insegna, tensioni ulteriori visto anche il rilievo che all’episodio ha dato la stampa: leggendo ieri certi titoli sembrava che centinaia di persone al Teatro della Scala avessero dato luogo a una manifestazione analoga a quella che avveniva ai tempi del Risorgimento al grido: “Viva Verdi”. Bisogna però cogliere anche il rovescio della medaglia, che è altrettanto discutibile. Si è trattato di una individuale, opinabile, ma del tutto legittima manifestazione del pensiero per di più espressa non ad opera iniziata e quindi disturbata, ma nel corso dei preliminari. Diciamo questo perché ci sembra del tutto singolare che la Digos ha identificato chi ha gridato quella frase che nella sua forma e nella sua sostanza non rappresenta nulla di inquietante e quindi certamente non tale da far perdere tempo a una struttura della polizia che casomai si sarebbe dovuta preoccupare se qualcuno dal loggione avesse gridato “Allah Akbar”. Se Dio vuole invece “Viva l’Italia antifascista“ può avere nella fattispecie un risvolto polemico ma non è per nulla preoccupante.

Molto più grave invece è quello che è avvenuto in occasione della più grande manifestazione contro il femminicidio avvenuta nel nostro Paese. Qualcuno ha anche contestato l’eccesso mediatico verificatosi in seguito al barbaro assassinio di Giulia Cecchettin. Non siamo d’accordo: fortuna che c’è stata questa esplosione perché comunque la misura è colma, perché circa cento omicidi di quel tipo sono inaccettabili e hanno un solo significato, che il nostro livello di civiltà si sta abbassando in modo preoccupante. Aggiungiamo anche che a parte il dibattito più sofisticato riguardante il cosiddetto patriarcato e tutto ciò che va collocato a monte di tutti questi episodi tuttavia emerge anche un livello assai basso di capacità di prevenzione derivante, se non vogliamo essere diplomatici, dal livello elevato di maschilismo che caratterizza i comportamenti reali di una parte delle forze dell’ordine: finora le denunce spesso sono state gestite come pratiche fastidiose da mettere nel cassetto o da posporre a cose più gravi. Ciò è avvenuto anche nel caso di Giulia Cecchettin: se una macchina dei carabinieri fosse partita dopo l’allarme lanciato da un testimone non sappiamo se le cose sarebbero andate in modo diverso da ciò che è avvenuto.

Detto tutto ciò però non possiamo sottacere un aspetto fortemente negativo presente nelle manifestazioni femministe di qualche giorno fa. Il 7 Ottobre un numero elevate di donne israeliane sono state stuprate e assassinate con la voluta esibizione di ciò che veniva fatto non solo dai terroristi di Hamas, ma anche dai gruppi di palestinesi arrivati al loro seguito. Ebbene si fanno in Italia grandi manifestazioni sul femminicidio e su una gravissima strage di donne avvenuta solo pochi giorni prima, non si è nemmeno spesa una parola, ma anzi è stata manifestata una ambigua solidarietà con i Palestinesi senza che la parola Hamas venisse neanche pronunciata.
Su questa terribile contraddizione la stampa ha steso un velo di silenzio, che però va rotto, perché neanche tutti gli errori commessi da Netanyahu giustificano la copertura di questa aberrazione perchè essa ha un solo significato: l’esistenza in quel movimento che è sceso in massa nelle piazze italiane di un elevato livello di razzismo antisemita.

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Il gravissimo quadro internazionale con due guerre nel loro corso si riflette in vario modo in Italia, anche con episodi in cui talora il dramma si intreccia con il grottesco. Partiamo da quello meno grave, cioè dal grido: “Viva l’Italia anti fascista” che un loggionista e esperimentato melomane ha pensato bene di urlare dopo l’inno d’Italia alla Scala: la vista sul palco reale di Ignazio La Russa, Presidente del Senato, evidentemente lo ha sconvolto al punto tale da lanciare quel messaggio che però sarebbe stato giustificato solo il Fascismo fosse alle porte, cosa che francamente non sta avvenendo. Si tratta però di un sintomo preoccupante che mette in evidenza un nervosismo eccessivo e che poi può produrre, come la storia ci insegna, tensioni ulteriori visto anche il rilievo che all’episodio ha dato la stampa: leggendo ieri certi titoli sembrava che centinaia di persone al Teatro della Scala avessero dato luogo a una manifestazione analoga a quella che avveniva ai tempi del Risorgimento al grido: “Viva Verdi”. Bisogna però cogliere anche il rovescio della medaglia, che è altrettanto discutibile. Si è trattato di una individuale, opinabile, ma del tutto legittima manifestazione del pensiero per di più espressa non ad opera iniziata e quindi disturbata, ma nel corso dei preliminari. Diciamo questo perché ci sembra del tutto singolare che la Digos ha identificato chi ha gridato quella frase che nella sua forma e nella sua sostanza non rappresenta nulla di inquietante e quindi certamente non tale da far perdere tempo a una struttura della polizia che casomai si sarebbe dovuta preoccupare se qualcuno dal loggione avesse gridato “Allah Akbar”. Se Dio vuole invece “Viva l’Italia antifascista“ può avere nella fattispecie un risvolto polemico ma non è per nulla preoccupante.

Molto più grave invece è quello che è avvenuto in occasione della più grande manifestazione contro il femminicidio avvenuta nel nostro Paese. Qualcuno ha anche contestato l’eccesso mediatico verificatosi in seguito al barbaro assassinio di Giulia Cecchettin. Non siamo d’accordo: fortuna che c’è stata questa esplosione perché comunque la misura è colma, perché circa cento omicidi di quel tipo sono inaccettabili e hanno un solo significato, che il nostro livello di civiltà si sta abbassando in modo preoccupante. Aggiungiamo anche che a parte il dibattito più sofisticato riguardante il cosiddetto patriarcato e tutto ciò che va collocato a monte di tutti questi episodi tuttavia emerge anche un livello assai basso di capacità di prevenzione derivante, se non vogliamo essere diplomatici, dal livello elevato di maschilismo che caratterizza i comportamenti reali di una parte delle forze dell’ordine: finora le denunce spesso sono state gestite come pratiche fastidiose da mettere nel cassetto o da posporre a cose più gravi. Ciò è avvenuto anche nel caso di Giulia Cecchettin: se una macchina dei carabinieri fosse partita dopo l’allarme lanciato da un testimone non sappiamo se le cose sarebbero andate in modo diverso da ciò che è avvenuto.

Detto tutto ciò però non possiamo sottacere un aspetto fortemente negativo presente nelle manifestazioni femministe di qualche giorno fa. Il 7 Ottobre un numero elevate di donne israeliane sono state stuprate e assassinate con la voluta esibizione di ciò che veniva fatto non solo dai terroristi di Hamas, ma anche dai gruppi di palestinesi arrivati al loro seguito. Ebbene si fanno in Italia grandi manifestazioni sul femminicidio e su una gravissima strage di donne avvenuta solo pochi giorni prima, non si è nemmeno spesa una parola, ma anzi è stata manifestata una ambigua solidarietà con i Palestinesi senza che la parola Hamas venisse neanche pronunciata.
Su questa terribile contraddizione la stampa ha steso un velo di silenzio, che però va rotto, perché neanche tutti gli errori commessi da Netanyahu giustificano la copertura di questa aberrazione perchè essa ha un solo significato: l’esistenza in quel movimento che è sceso in massa nelle piazze italiane di un elevato livello di razzismo antisemita.

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Dramma e grottesco, i poli di un Paese senza equilibrio

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09.12.2023

Il gravissimo quadro internazionale con due guerre nel loro corso si riflette in vario modo in Italia, anche con episodi in cui talora il dramma si intreccia con il grottesco. Partiamo da quello meno grave, cioè dal grido: “Viva l’Italia anti fascista” che un loggionista e esperimentato melomane ha pensato bene di urlare dopo l’inno d’Italia alla Scala: la vista sul palco reale di Ignazio La Russa, Presidente del Senato, evidentemente lo ha sconvolto al punto tale da lanciare quel messaggio che però sarebbe stato giustificato solo il Fascismo fosse alle porte, cosa che francamente non sta avvenendo. Si tratta però di un sintomo preoccupante che mette in evidenza un nervosismo eccessivo e che poi può produrre, come la storia ci insegna, tensioni ulteriori visto anche il rilievo che all’episodio ha dato la stampa: leggendo ieri certi titoli sembrava che centinaia di persone al Teatro della Scala avessero dato luogo a una manifestazione analoga a quella che avveniva ai tempi del Risorgimento al grido: “Viva Verdi”. Bisogna però cogliere anche il rovescio della medaglia, che è altrettanto discutibile. Si è trattato di una individuale, opinabile, ma del tutto legittima manifestazione del pensiero per di più espressa non ad opera iniziata e quindi disturbata, ma nel corso dei preliminari. Diciamo questo perché ci sembra del tutto singolare che la Digos ha identificato chi ha gridato quella frase che nella sua forma e nella sua sostanza non rappresenta nulla di inquietante e quindi certamente non tale da far perdere tempo a una struttura della polizia che casomai si sarebbe dovuta preoccupare se qualcuno dal loggione avesse gridato “Allah Akbar”. Se Dio vuole invece “Viva l’Italia antifascista“ può avere nella fattispecie un risvolto polemico ma non è per nulla preoccupante.

Molto più grave invece è quello che è avvenuto in occasione della più grande manifestazione contro il femminicidio avvenuta nel nostro Paese. Qualcuno ha anche contestato l’eccesso mediatico verificatosi in seguito al barbaro assassinio di Giulia Cecchettin. Non siamo........

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