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Editoriale Le domande che possono invertire la logica delle armi

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19.10.2024

Da due anni e mezzo si combatte in Ucraina. Ed è passato un anno da quel maledetto 7 ottobre, che ha trasformato l’intera regione mediorientale in una polveriera. Viviamo in un tempo di guerra. Il linguaggio bellico è entrato a far parte della nostra quotidianità. Si sentono tanti commenti: la guerra trova mille giustificazioni. Ci sono sempre buone ragioni per bombardare, attaccare, uccidere. Magari con droni o missili, come in un videogioco.
Come un virus, la guerra ci contagia dentro. Entra nella testa, conquista il cuore. Sui giornali e in tv la guerra è ormai raccontata come un destino ineluttabile.
Nel 1914, all’inizio del primo conflitto mondiale, Henry Bergson – uno dei più importanti filosofi del secolo scorso – accusò la Germania, Paese dal grande passato culturale e spirituale, di aver abbracciato la «meccanizzazione dello spirito». Bergson intuiva che, nell’era delle macchine, la capacità di distruzione del mondo sarebbe diventata ancora più spaventosa. «Cosa sarebbe una società che obbedisse automaticamente a una parola d’ordine trasmessa meccanicamente, che regolasse su di essa la sua scienza e la sua coscienza, e che avesse perduto, con il senso della giustizia, la nozione di verità? Cosa........

© Avvenire


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