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«La riconciliazione può iniziare
quando si vede il dolore dell’altro»

3 12
tuesday
«In questa società sempre più incattivita c’è bisogno di un nuovo paradigma della giustizia. Di fronte alla delinquenza e al crimine si deve reagire opponendosi al male, ma senza compiere altro male, come argomentava profeticamente il cardinale Martini nei tempi bui del terrorismo. I sistemi penali in fondo razionalizzano la crudeltà, ma nessuna sentenza riesce a saziare la sete di giustizia presente nelle vittime, che non sono “risarcite” dalla punizione perché dalla punizione non ricevono la riparazione della loro dignità infranta. È necessaria un’altra logica, è necessaria una vera rivoluzione culturale, di cui la giustizia riparativa è un utile strumento». Adolfo Ceretti, ordinario di criminologia all’università di Milano Bicocca e docente di mediazione reo-vittima, è uno dei pionieri di questo paradigma che sta lentamente prendendo spazio nel sistema giudiziario italiano, e ha coordinato la commissione di esperti che lo ha introdotto in maniera sistematica nell’ordinamento legislativo con la riforma Cartabia del 2022. Un principio ispirato a una giustizia che cura, una giustizia “mite” e non vendicativa, che ha come fondamento la logica dell’incontro tra le vittime e le persone indicate come autori di reato, aiutate dalla presenza di un mediatore che aiuta ciascuno a confrontarsi con il passato e a mettersi in relazione con l’altro. Il passato non viene rimosso ma piuttosto rivisitato attraverso dialoghi riparativi nei quali ognuno è invitato a entrare in una logica di ricomposizione, per provare a curare una relazione che si è ammalata proprio perché al suo interno è avvenuto un gesto che si configura come un reato.«Nei colloqui si cerca di gettare un ponte tra la soggettività di chi parla e quella di chi ascolta, nella convinzione che non può iniziare un processo di riconciliazione finché non si riesce a vedere il dolore........

© Avvenire