Arabia Saudita: un paese da guardare senza pregiudizi
Nel tavolo all’altro lato del ristorante – dove a cena con il nostro Ambasciatore Carlo Baldocci e il suo vice Giuliano Fragnito, entrambi bravissimi, stavamo tirando le somme della nostra missione -, a un certo punto si è alzato un coro ed è comparso un cartello con la scritta “Happy Birthday”: un gruppo di amici festeggiava allegramente un compleanno.
Che c’è di strano direte voi? C’è che siamo a Riyad, capitale dell’Arabia Saudita, dove formalmente questo è ancora un reato e fino a prima del 2016 si poteva essere arrestati anche solo per aver festeggiato un compleanno privatamente nella propria abitazione. È successo anche a un dipendente di un amico ingegnere italiano, in Arabia da una decina di anni, che ne è stato testimone e me lo ha raccontato. Un Paese in cui ancora vige la pena di morte (e le esecuzioni purtroppo proseguono tutt’ora) per reati che includono non solo omicidi o terrorismo, ma formalmente anche adulterio, spaccio di droga, rapina a mano armata. Nel quale fino al 2018 alle donne non era consentito guidare, che per lavorare avevano bisogno di un permesso scritto del loro tutore maschio e dove nei ristoranti mettevano i separé per non vedere cosa accadeva nel tavolo accanto. Inoltre un Paese nel quale è reato la professione e il culto anche privato di una religione diversa dall’Islam e fino al 2016 esisteva una attiva polizia religiosa incaricata di “reprimere i vizi e promuovere la virtù”. Facile dunque capire perché........
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