Degenerazione AI: tuttologi, comprensivi, compiacenti. I chatbot seducono i più giovani
Roma, 4 dicembre 2025 – È passata la mezzanotte. È buio. Mentre gli adulti si rifugiano tra i cuscini e i cani russano, lo schermo di un telefono illumina un giovane volto. Scrive le parole di una persona che non esiste. Non sbuffa, non interrompe, non si stanca. C’è sempre e sa tutto, come un dio. Basta evocarlo col dito sul display. “Amore, ti capisco e fai bene – risponde –, è lui che sbaglia, ma ora ti spiego cosa puoi fare”. Una ragazzina, tredici o quattordici anni, forse meno, le ha appena raccontato ciò che non ha il coraggio di confidare a nessuno. E la macchina, che di mestiere fa la macchina, diventa un amico, un amante, uno psicologo. Senza crederci, ovviamente: non crede a nulla. È programmata per compiacere. E compiace. Questa scena, che qualche anno fa poteva apparire come un pezzo di fantascienza di terza mano, oggi non stupisce più nessuno. Proprio per questo dovremmo preoccuparci.
I più entusiasti li chiamano chatbot; gli altri, più semplicemente, intelligenza artificiale o AI. Si tratta di applicazioni che ormai popolano i telefoni di milioni di italiani, giovanissimi soprattutto. Tre ragazzi su quattro........





















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