Alessia Zurlo: “Io, ragazza in gamba, voglio cambiare i concetti di bellezza e disabilità”
Alessia Zurlo è una donna che ha raggiunto una serie di traguardi, ma l'ha fatto con uno sforzo in più. E' lei stessa che si descrive così quando le chiedo di farlo e già da questa prima risposta si intuisce qualcosa della sua personalità.
In piena fase adolescenziale, quella della scoperta del mondo e soprattutto di sé stessi, lei scopre di avere "un'imperfezione" alla quale dopo anni darà un nome: linfedema primario . Una patologia che le condizionerà la vita, da tutti i punti di vista, ma che comunque non le impedirà di avere le sue soddisfazioni in ambito personale e lavorativo.
Facciamo un passo indietro, com'è iniziato tutto?
"A 11, 12 anni noto un gonfiore all'inguine e con i miei genitori cerchiamo di capire di che si tratta, consultando medici e pediatri. Purtroppo nessuno riesce a darmi risposte e nel frattempo la gamba inizia a gonfiare, dall'inguine passa alla coscia e piano piano si gonfia tutto l'arto. Dopo cinque anni di ricerca, uno specialista francese mi dice che è un linfedema primario, una malattia rara del sistema linfatico".
Di cosa si tratta?
"In pratica per un'anomalia del sistema linfatico, dovuta all'assenza o all'atrofia dei linfonodi o dei vasi linfatici, la linfa non circola bene nei distretti corporei e stagnando crea degli edemi. Nel mio caso ha coinvolto la gamba destra, ma può presentarsi ovunque”.
Eri giovanissima, nella fase più critica. Come l'hai vissuto?
"Sono stati anni molto duri. Quando sei così bambina l'idea di una malattia è lontana dal tuo immaginario. In testa hai solo tanti sogni e tanti progetti. Poi il non sapere cosa mi stesse succedendo mi faceva brancolare nel buio e nell'incertezza Quando è arrivata la diagnosi è stata quasi una liberazione: finalmente la mia condizione aveva un nome, sapevo con cosa dovevo confrontarmi, ma il fatto che era una malattia rara, non mi ha avviato subito alle terapie corrette perché semplicemente non si sapeva come trattarla. Lo specialista francese mi ha anche chiarito, senza giri di parole, che non sarei mai guarita, che avrei dovuto imparare a gestirla a vita, in che modo, però, lo avrei scoperto col tempo di 16 anni dovevo (e devo tuttora) indossare una contenzione elastica che evocava un senso di........
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