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Inno nazionale sul podio delle Olimpiadi, un tuffo al cuore: «L’agonismo spinta a superare gli ostacoli»

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04.08.2024

LA STORIA. Nel 2008 a Pechino Maria Poiani ha raggiunto l’oro nei 50 stile libero e record alle Paralimpiadi: «Una grande emozione».

Quando parte l’inno nazionale italiano, durante le premiazioni degli atleti alle Olimpiadi di Parigi, Maria Poiani sente un tuffo al cuore: la sua memoria torna a quel momento di sedici anni fa, a Pechino, nel 2008, quando sul gradino più alto del podio c’era lei, vincitrice della gara di 50 metri stile libero alle Paralimpiadi. In quell’occasione Maria, ipovedente, aveva stabilito anche il nuovo record mondiale: «Una grandissima emozione - sorride -. Poi naturalmente è stato superato, quattro anni dopo».

Ricorda ancora, come fosse ieri, la concitazione di quella giornata: «Non ho realizzato subito che avevo vinto. Appena uscita dalla vasca sono andata di corsa a sottopormi all’esame antidoping. Poi mi hanno accompagnato in sala stampa, ho dovuto rispondere a mille domande dei giornalisti. E poi mi sono messa in coda per aspettare il momento della premiazione. Da lì in poi, tutti mi conoscevano, mi chiamavano per nome e mi salutavano. Pechino era un altro mondo, lontanissimo da casa, le connessioni erano complicate: mi ricordo che quel giorno non riuscivo a mettermi in contatto con mio marito, i miei genitori, l’allenatore che era rimasto a casa. Solo la sera ho iniziato a rendermi conto di cosa fosse successo e ad assaporare tutta la gioia di quel risultato».

Tiene la medaglia in cornice, appesa in camera dei suoi figli, insieme all’attestato di merito consegnatole al ritorno dal Presidente della Repubblica, un segno di gratitudine per lei che «ha onorato e reso grande lo sport italiano». La sua carriera di nuotatrice è iniziata precocemente: «I miei genitori mi hanno avviato ai primi corsi quando avevo sei anni, perché il nuoto è considerato comunemente uno degli sport più adatti per sviluppare bene la muscolatura. Seguivo lezioni “normali”, con gli altri bambini e insegnanti vedenti».

Allora Maria abitava a Lodi: «Dopo un po’, imparata la tecnica di tutti gli stili, ho iniziato ad annoiarmi e a brontolare, perché mi sembrava di fare sempre le stesse cose. Poi un giorno, quando avevo circa dieci anni, abbiamo letto su un giornale che una società sportiva milanese cercava atleti non vedenti da inserire nella squadra di nuoto agonistico. Ci siamo presentate, mi hanno fatto fare una prova, è andata bene e così sono entrata nella Federazione sport disabili. Prima di........

© L'Eco di Bergamo


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