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«Mi hanno salvato con due trapianti. Ora promuovo l’Ecmo per la vita»

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11.08.2024

DAVIDE GALLI. Il 37enne di Saronno: «Procedura poco conosciuta, ma averla in ospedale è un grande vantaggio».

«Gira il tuo viso verso il sole - dice un proverbio Maori - e le ombre cadranno dietro di te». Davide Galli, 37 anni, di Saronno, con i suoi quasi due metri d’altezza, ha il fisico di un atleta. La scelta di giocare a basket a livello agonistico sembrava scritta nel suo Dna. Eppure, quando aveva solo 16 anni una malattia cardiaca l’ha costretto a prendere una strada diversa e inaspettata.

Nonostante tutte le tenebre che ha dovuto attraversare, ha fatto della speranza uno stile di vita: a 29 anni ha subito un trapianto di cuore, tre anni fa un trapianto di rene, sempre all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. «Mi hanno salvato, dandomi una seconda opportunità» commenta con un sorriso.

Le sue caratteristiche distintive sono il coraggio e la gratitudine: è diventato testimonial Aido, ha fondato l’associazione «Ecmo per la vita» (www.ecmoperlavita.org) per far conoscere l’importanza della «ossigenazione extracorporea a membrana», che gli ha permesso di sopravvivere nei momenti più critici. Dal giorno della sua rinascita ha scelto di impegnarsi per aiutare altri pazienti.

Tutto è iniziato con la visita di controllo per il rinnovo del «cartellino» della Federazione italiana Basket: «Giocavo nella squadra del Saronno e ogni anno dovevo sottopormi alla visita medico-sportiva. Non avevo sintomi, ma l’elettrocardiogramma ha mostrato che dopo lo sforzo il mio cuore manifestava extrasistole ripetute».

Davide si è trovato in un attimo in un vortice di analisi: «Sono stato all’ospedale di Monza per uno screening approfondito, ed è emerso che il mio cuore era leggermente dilatato. Allora mi hanno consigliato di rivolgermi all’ospedale di Bergamo, per farmi visitare dal dottor Antonello Gavazzi, allora primario di Cardiologia. La diagnosi è stata dura da accettare: cardiomiopatia dilatativa al ventricolo sinistro. Questo purtroppo ha messo la parola fine all’attività agonistica».

È stato l’inizio di un periodo complicato: «Poco dopo i medici hanno notato alcune anomalie nell’attività elettrica del cuore, e per controllare meglio le aritmie mi hanno impiantato un defibrillatore. Questo dispositivo ha cambiato drasticamente le mie abitudini, perché col tempo mi sono accorto di non poter più svolgere attività fisica. Ogni volta che lo facevo il defibrillatore entrava in funzione e mi provocava dolore, era come........

© L'Eco di Bergamo


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