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Orfani di Pitchfork

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23.01.2024

Pitchfork non piace a tutti gli appassionati di musica. Alcuni lo considerano un giornale online per hipster con la puzza sotto il naso, altri (in parte anche giustamente) sostengono che negli ultimi anni il sito statunitense di recensioni e notizie musicali è peggiorato, che i suoi articoli si sono annacquati e che la scelta di coprire generi mainstream come il pop sia sbagliata (su questo sono un po’ meno d’accordo). Le recensioni di Pitchfork dividono: alcuni le trovano brillanti, divertenti, perfino colte. Altri le considerano irritanti, gratuite, scritte male. Ma che Pitchfork piaccia o no, il forte ridimensionamento della testata e il licenziamento di dodici giornalisti della redazione voluto da Condé Nast, l’editore che l’ha rilevata nel 2015, non può che essere una brutta notizia. Perché? Provo a spiegarlo.

Pitchfork esiste (viene la tentazione di usare il passato) dal 1996, quando Ryan Schreiber, che al tempo lavorava in un negozio di dischi, fondò un blog di recensioni musicali focalizzato soprattutto sulla musica alternativa e indipendente. Nel 1996, per capirci, non esisteva ancora Napster, quindi l’industria musicale non somigliava neanche lontanamente a quella di oggi. L’idea alla base di Pitchfork era semplice: far scoprire alle persone nuova musica da ascoltare, consigliargli quali album comprare e quali evitare. Schreiber, dopotutto, lavorava in un negozio di dischi.

Negli anni........

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