L'analisi/ Il debito comune dà più forza all’Unione
Bicchiere mezzo vuoto o bicchiere mezzo pieno? Si tratta della metafora comune per descrivere i più delicati e anche controversi Consigli europei dal lontano dicembre di cinquantuno anni fa, quando l’allora presidente francese Valéry Giscard d’Estaing ne favorì la formalizzazione (era il 9 dicembre 1974). Anche per quello di ieri si può applicare tale immagine. Proviamo però a fare un minimo di ordine, magari ad individuare i principali protagonisti e se possibile evidenziare anche qualche linea di evoluzione non solo di breve, ma almeno di medio periodo.
Primo elemento da sottolineare il Consiglio ha assunto una decisione sul cruciale dossier ucraino e anche in riferimento all’accordo commerciale con i Paesi del mercato comune del Sud America, la porta non è comunque chiusa e la decisione solo posticipata. Poteva di certo andare meglio, ma attenzione, poteva andare anche molto peggio.
Come ha affermato la presidenza di turno danese, serviva il sostegno economico all’Ucraina e questo è arrivato. Sul come si può aprire il dibattito. Gli asset russi restano congelati e a coprire i 90 miliardi sarà un prestito per Kyiv finanziato sul mercato e garantito dal bilancio pluriennale europeo. Qualcosa, dunque, che almeno da un punto di vista politico e come impatto simbolico assomiglia molto ai cosiddetti “eurobond”. Il “debito comune” per l’Ucraina segna una evidente battuta d’arresto prima di tutto per la posizione del cancelliere cristiano-democratico Merz e con lui di tutti i cosiddetti “frugali”. Si è detto che insieme a Merz l’atro “sconfitto” del Consiglio sia Ursula von der Leyen, da settembre in prima linea per sostenere l’utilizzo dei fondi russi, per la maggior parte bloccati in Belgio. Su questo punto serve però molta attenzione. Ciò che è accaduto la scorsa notte a Bruxelles è un esito per certi aspetti........





















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