La grana messa in latino sul "papabile" Parolin
- La rivincita della diplomazia
- Moderato ma non troppo
- La messa in latino e il conclave
Se dopo il prossimo conclave ad affacciarsi vestito di bianco dalla loggia centrale della basilica di San Pietro dovesse essere il cardinale Pietro Parolin, nessuno si stupirebbe. Sebbene la salute di Francesco non dia particolari preoccupazioni come lo scorso anno, in Vaticano è impossibile fermare il totonomi per chi, un giorno, verrà dopo di lui. E il Segretario di Stato è il grande favorito, forte del profilo moderato che ha cercato in tutti i modi di darsi in questi undici anni a Palazzo Apostolico.
La rivincita della diplomazia
L'approdo di Parolin alla guida della Segreteria di Stato nel 2013 era stato salutato positivamente dalle feluche della Santa Sede, ansiose di una "rivincita" dopo il pontificato di Benedetto XVI che, rompendo una tradizione consolidata, aveva nominato in quel ruolo il salesiano Tarcisio Bertone. Il presule di Schiavon, peraltro, era stato una delle "vittime" - insieme a monsignor Gabriele Caccia - di quel cambio di guardia a Palazzo Apostolico, allontanato dalla Curia nel 2009 con il più classico dei promoveatur ut amoveatur: consacrato vescovo e mandato in Venezuela come nunzio apostolico. Il pontificato ratzingeriano, per l'ostilità di Bertone, non era stato un periodo fortunato per Parolin, fino ad allora enfant prodige della diplomazia vaticana e giovane sottosegretario vaticano ai rapporti con gli Stati. In questa veste, l'attuale Segretario di Stato fu incaricato di ruoli delicati come l'interlocuzione sulla guerra in Iraq con il sottosegretario agli esteri russo, Aleksej Meskov, la guida della delegazione della Santa Sede nella ripresa della commissione bilaterale con Israele, una missione in Cina. Compiti e relazioni tornate molto utili in questi ultimi undici anni. Nella conferenza stampa del sofferto passaggio di consegne tra Sodano e Bertone nel 2006,........
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