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Riad è di nuovo il perno per la stabilità del medio oriente. Come prima del 1973

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22.05.2024

I sauditi di Mohammed bin Salman non avranno esattamente le carte in regola, ma rispetto a tutti gli altri attori regionali hanno in mano le carte migliori per diventare i partner di riferimento degli Stati Uniti

Come molti osservatori e conoscitori della realtà iraniana hanno affermato tra ieri e oggi, la morte improvvisa e accidentale del presidente della Repubblica iraniana non cambia niente né nelle dinamiche interne del potere del paese né a livello regionale o globale. Le leve di comando sono e restano nelle mani della Guida suprema e in quelle dei vertici dei pasdaran. La relazione sempre più stretta con Mosca, intrecciata nel comune sostegno al regime criminale del siriano Assad e poi consolidata nel sostegno militare e tecnologico (sic) garantito dall’Iran alla guerra di aggressione di Vladimir Putin contro l’Ucraina, rimane solida. E non a caso la Russia è stato il primo paese a presentare le pubbliche condoglianze per la morte del presidente.

Negli anni, Teheran ha anche rafforzato la sua relazione con Pechino, diventando un fornitore rilevante di gas e ottenendo assistenza tecnologica, e soprattutto consentendo a Xi Jinping di capitalizzare sul clamoroso errore strategico dell’Amministrazione Trump: la denuncia unilaterale degli accordi sul nucleare iraniano (Joint Comprehensive Plan of Action, Jcpoa), ai quali Teheran stava fino a quel momento ottemperando lealmente. Paradossalmente, proprio la rottura del Jcpoa aveva consentito agli ayatollah (e ai pasdaran) di rompere un isolamento pluridecennale, inserendosi progressivamente nelle istituzioni........

© Il Foglio


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