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La great America dei grandi insulti

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07.07.2024

Joe Biden e Donald Trump si danno del delinquente e del coglione: non c'è da stupirsi, niente di nuovo per la corsa alla Casa Bianca. In Sudamerica è anche peggio

La cosa sorprendente in queste elezioni francesi è che non siano volate parole grosse tra i principali protagonisti. La solita orgia di pov’con, coglione e faux-cul (che vuol dire ipocrita, non faccia di c…), Il consueto emmerdement tra i peones. Ma non tra Marine Le Pen, l’ancora più compito Jordan Bardella ed Emmanuel Macron. Tutt’al più, hanno dato dell’antisemita a Jean-Luc Mélanchon. Ma l’ultrà populista della sinistra se l’era un po’ cercata. A commentare i risultati del primo turno si è presentato davanti alle telecamere con accanto una bellissima giovane avvolta in una kefiah palestinese. Niente insulti nemmeno tra il conservatore Rishi Sunak e il laburista Keir Starmer nelle politiche stravinte da quest’ultimo.

“Broken Down Pile Of Crap” (letteralmente: un “cumulo di merda in disfacimento”) invece l’ultima di Donald Trump su Joe Biden. Si erano già dati reciprocamente del “delinquente” e dell’“assassino”, del “bugiardo”, del “disonesto” e del “farabutto” nel loro primo dibattito televisivo (messo in secondo piano dal nostro provincialismo, tutto preso dalle elezioni francesi). Si sono sprecati nelle reciproche accuse di essere losers e suckers, perdenti e coglioni. Ma non saprei dire quanto abbiano capito dello scambio gli oltre 50 milioni di americani incollati agli schermi della Cnn e degli altri 22 network che hanno trasmesso in diretta il match. Io, per raccapezzarmi, ho dovuto ricorrere all’explainer di una giornalista del New York Times, specializzata in fact-checking.

Javier Milei ha dato al presidente colombiano Gustavo Petro del “terrorista assassino” e del Papa ha detto che è “incarnazione del Maligno”


L’attacco era partito da Biden: “Sono andato (in Francia, ma questo Biden si è dimenticato di dirlo) al cimitero della Seconda guerra mondiale (e si è subito corretto: no, della Prima guerra mondiale), e lui (Trump) si era rifiutato di andarci. Stava col suo generale a quattro stelle, e quello poi mi ha riferito che lui (sempre Trump) gli aveva detto: ‘Non ci vado, perché quelli (non è chiaro se i morti o i vivi) sono una manica di perdenti e coglioni’. “Non è vero. Ho subito smentito. E comunque perdente e coglione sarai tu”, la replica di Trump. Lo scambio originava da un articolo di quattro anni fa del settimanale The Atlantic. Il generale dei marine a quattro stelle è John Kelly, che è stato capo di gabinetto alla Casa Bianca con Trump. Sarei pronto a scommettere che, senza questa spiegazione, il pubblico ha colto solo le parolacce. E l’impappinamento senile di Biden.

Un insulto politico ha senso solo se lo si capisce al volo. Altrimenti, ben che vada, lascia il tempo che trova. Nella politica americana nessuno avrebbe il diritto di lanciare la prima pietra. I presidenti hanno una lunga storia di intemperanze verbali. Soprattutto nei confronti dei giornalisti. Che in America non sono mai remissivi o in ginocchio. Non temono di perdere il posto perché hanno messo in difficoltà un potente, ma solo se non fanno il loro mestiere. Le domande imbarazzanti le urlano a gran voce (mi rimbomba ancora nelle orecchie la voce possente di Sam Donaldson, che riusciva a farsi sentire anche da lontano). Non si accontentano se l’interrogato non risponde. Insistono come bulldozer, ripetono la domanda, finché quello è costretto a rispondere.

Trump, da presidente, si era spazientito durante una delle sue prima conferenze stampa alla Casa Bianca. Jim Acosta, della Cnn, insisteva nel voler sapere perché Trump avesse parlato di “invasione imminente” di migranti in arrivo dal Messico. Trump gli ingiunse brutalmente di sedersi e di cedere il microfono. Quello, imperterrito, continuava a pretendere una risposta. E Trump: “In tutta onestà, credo che lei dovrebbe lasciare a me il compito di governare il paese. Lei si occupi invece della sua Cnn, che dovrebbe vergognarsi di averla alle sue dipendenze. Lei è davvero maleducato, un pessimo soggetto (a terrible person). Se la licenziassero gli share di ascolto sarebbero molto migliori. Quando lei dà false notizie (fake news) – cosa che la Cnn fa a tutt’andare – siete nemici del popolo”. Seguito da un perentorio: “Basta, lasci quel microfono”. Acosta non l’aveva lasciato. Altri erano intervenuti a difendere il loro collega: “Lo lasci stare, fa solo il suo mestiere”. Acosta divenne l’eroe del giorno. Non oso immaginare cosa avverrebbe da noi. Trump non smise di maltrattare i giornalisti, specie se donne e specie se di colore. Ma sei anni dopo ha dovuto accettare, con la coda tra le gambe, che fosse proprio la Cnn a ospitare il dibattito con Biden.

Trump, da poco alla Casa Bianca, si era spazientito con Jim Acosta, della Cnn. Biden non è molto più gentile con i giornalisti


Biden non è molto più gentile con la stampa. Alla vigilia delle elezioni di mid term del 2022 il corrispondente dalla Casa Bianca della Fox (rete di destra) gli aveva gridato al termine di una conferenza stampa nella East wing: “Mr. President, ritiene che l’inflazione sia una liability, qualcosa a suo sfavore?”. E Biden, sarcastico, sibilando tra i denti, ma in modo che tutti potessero sentirlo: “Che stupido figlio di puttana (son of a bitch)! Cosa vuole che gli dica, che è un grande vantaggio, a great asset? Ma che domanda cretina!”. Più di recente, alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina, a un altro giornalista della Fox che gli aveva chiesto: “Perché sta aspettando che sia Putin a fare la prima mossa?”. La risposta era stata: “Che domanda stupida!”.

Si sprecano anche gli insulti internazionali. Biden aveva dato a Putin dell’assassino (il che è incontestabile, ma non è fine diplomazia dirlo, specie se non riesci a mandarlo via). Trump e Kim Jong Un si erano scambiati carinerie anche peggio. Il pacato Mario Draghi aveva dato a Erdogan del “dittatore”. L’oscar degli scambi di........

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