Certe vite, e certe morti, sono un balsamo per il nostro invecchiamento. Un libro
Riccardo Chiaberge, classe 1947, scrive "La formula magica della longevità": ovvero di vite finite troppo presto, e che oggi sarebbero state salve grazie ai risultati della scienza
Da almeno una trentina d’anni ho sulla scrivania un fermacarte che mi ha sempre fatto simpatia, un piccolo teschio d’avorio con le sue due file di dentoni allineate, i due grandi buchi al posto degli occhi, il naso risucchiato nell’osso e nemmeno il ricordo di orecchie e capelli, ovvio. Da sempre, scrivendo, ci gioco soprappensiero, come con una pallina, sentendo piacevolmente nel palmo il suo peso leggero e la levigata superficie del cranio, completamente indifferente a ciò che un oggetto del genere rappresenta, anche se non a grandezza naturale come il teschio di Yorick, ma pur sempre memento mori. Ultimamente, però, mi sono accorta che lo sto trascurando. Dalla scrivania l’ho spostato su un altro mobile e non ci gioco più. Se lo incontro con lo sguardo mi sento lievemente a disagio. Povero teschio!
O povera me? La domanda si è insinuata,........
© Il Foglio
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