L'Europeo è soltanto l'inizio della cura Spalletti
L’Italia è campione in carica, ma Wembley sembra la preistoria. L’obiettivo azzurro è il Mondiale
C’è chi si coccola Mbappé, chi ripone le proprie speranze in Bellingham e Kane, chi ha gli occhi lucidi per le giocate del giovanissimo Yamal, chi punta sul fattore campo e sulla last dance di Kroos in compagnia dei rampanti Musiala e Wirtz. Poi, un passo indietro, ci siamo noi, campioni in carica ma senza l’entusiasmo che questa veste dovrebbe comportare: sono passati tre anni dalla notte di Wembley, sembra un’era geologica fa. Da quell’Europeo vissuto con le mascherine indossate a intermittenza, in giro per un continente ancora sotto choc per il Covid, cosa si porta dietro questa Italia? Nemmeno le mani di Gigio Donnarumma sembrano grandi come nel 2021 e c’è chi pagherebbe di tasca propria per vedere tra i pali Vicario. Abbiamo perso Bonucci e Chiellini, Spinazzola e Verratti, Insigne e il vituperato Immobile. E a rileggere i nomi di tutti quelli che scesero in campo a Wembley, la lista si ingrossa fino a far pensare che da quella finale, di anni, ne siano passati dieci: Belotti, Locatelli, Berardi, Bernardeschi, Florenzi, Emerson Palmieri, tutti tagliati fuori, chi per un motivo, chi per un altro. Anche per questo, mentre gli altri guardano le loro stelle, a noi non resta che lo sguardo sedizioso di Luciano Spalletti: le speranze di un altro ribaltone dell’ordine costituito in grado di portarci sul tetto d’Europa passano tutte da lui e dalle sue doti di taumaturgo del pallone.
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© Il Foglio
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