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Mille chilometri a piedi con solo uno zaino, simbolo di fatica e scoperta interiore

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08.07.2024

Mollare tutto e andare per Cammini. Lo zaino è pesante sulle spalle, ma, allo stesso tempo, la testa è leggera per pensare indisturbati: passo dopo passo, camminare diventa un rito di resilienza e crescita personale

Siamo zaino e portatori di zaino. Viviamo per caricarne uno e svuotarne un altro. Lo teniamo in spalla ma ci siamo anche dentro. Chi ha viaggiato con uno zaino conosce il livello di amore e odio che si instaura con un manufatto del genere. Parliamo di una cosa che porti come una croce, che trascini come un peccato originale, che proteggi come un’ostia consacrata.

Per la maggior parte di quelli della mia generazione, i sessantenni ossessionati dall’idea che il tempo passa e non perdona, lo zaino è protesta, controcultura, totem di un come eravamo. Per quelli che sono venuti dopo è perlopiù un attrezzo desueto, quasi da barboni o comunque una cosa poco pratica, poco igienica, da tenere nel ripostiglio. Per me – e per un manipolo di altri camminatori di ogni latitudine generazionale – lo zaino è il catalizzatore di uno strano tipo di libertà, quella che scaturisce dalla reazione tra la scomodità e la solitudine, tra l’anarchia di un sentiero selvaggio e il rigore di una mappa tracciata.

Sono un camminatore laico nel senso che pur percorrendo Cammini che spesso hanno ispirazione e origini religiose, sono discretamente refrattario all’aspetto mistico. Quindi non sono un pellegrino ortodosso, non colleziono le “credenziali”, i cartoncini sui quali vengono apposti i timbri delle tappe che attestano il compimento del pellegrinaggio. Nei Cammini di Santiago all’arrivo, mostrando questi pieghevoli, si riceverà la compostela cioè il documento dell’avvenuto pellegrinaggio, una roba a metà tra la benedizione e il certificato di frequenza di un corso professionale. Punti di vista, il mio dio non si occupa di raccolte di bollini.

Negli ultimi anni ho percorso migliaia di chilometri tra Cammino del Nord, Cammino portoghese, Francigena italiana e vari altri itinerari (quest’estate farò il Cammino francese). E l’ho fatto da solo, con uno zaino di una decina di chili, seguendo percorsi che comportano mediamente tappe di 26-28 chilometri al giorno.

Non vi dirò della preparazione fisica che serve per affrontare 700 e passa chilometri in meno di un mese. Vi dirò invece della vera impresa alla quale non siete preparati sino all’ultimo minuto: stipare in uno zaino da cinquanta litri tutto quello che vi servirà per quei giorni di passione. La regola più diffusa è quella del tre: tre magliette, tre paia di calze, tre mutande eccetera; un solo paio di scarpe e sandali leggeri per la sera. Per tutto il resto c’è un panetto di sapone di Marsiglia.

I teorici della fisica applicata alla scarpinata dicono che il peso ideale dello zaino dovrebbe attestarsi sul dieci per cento del peso corporeo, acqua inclusa, ma se siete ben allenati un paio di chili in più ve li potete concedere.

La parte del corpo che richiederà la massima cura e dalla quale dipenderà la riuscita dell’impresa sono i piedi. Vanno tenuti sempre ben lubrificati con vaselina o burro di karitè per evitare la formazione di bolle e piaghe. Saranno loro a condurvi in un mondo dove tutto è lento, in uno strano incantesimo di passi e silenzi, di pietraie e........

© Il Foglio


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