E se l’intelligenza artificiale ci rendesse meno creativi? Il caso Sora
Sora è il nuovo servizio di OpenAI che consente di creare video solo sulla base di un “prompt”: poche parole di descrizione. Come fu per ChatGPT, già dal suo lancio le capacità di questo strumento sono apparse subito sorprendenti: la qualità dei video prodotti è notevole già di suo, ma diventa incredibile se si pensa alla quantità e qualità dell’input necessario a produrli, che rasenta lo zero.
Come più che prevedibile, l’avvento di Sora ha rilanciato le discussioni sull’impatto che queste tecnologie potrebbero – e forse già hanno – sull’occupazione, e in particolare sui lavori creativi. Semplificando, da una parte si schierano quelli che pensano che questi strumenti consentiranno alle persone di meglio esprimere la propria creatività, e dall’altra chi invece teme che rimpiazzeranno rapidamente tutta una serie di professioni e maestranze potendo offrire risultati simili o persino superiori a un costo assai inferiore.
In realtà, le cose sono più complicate di così. Il rapporto fra innovazione e lavoro, tra tecnologia e occupazione, infatti, ha logiche ben più complesse di un semplice gioco a somma zero. Ma quest’ultima innovazione sembra porre la questione in termini ancora più drammatici e urgenti. Se infatti già ChatGPT gettava un’ombra sul futuro di romanzi, saggi, articoli e poesie, Sora invece sembra produrre con minimo sforzo contenuti che ancora oggi spesso richiedono una grande quantità di lavoro da parte di più persone con competenze molto spiccate – contenuti che quindi hanno un valore di mercato anche rilevante.
A livello di dibattito pubblico, quindi, il punto è che l’automazione sembra ora aggredire non professioni già ampiamente sottovalutate e sottopagate, ma anche altre finora maggiormente onorate perché in grado di generare ritorni economici più rilevanti. Tuttavia, proprio quello che è accaduto negli ultimi anni al primo tipo di professioni dovrebbe fornirci alcuni indizi su come potrebbero andare le cose per le seconde.
Pensiamo, per esempio, a cosa è accaduto in passato con la possibilità di pubblicare articoli prima su carta e poi sul web a prezzi decrescenti fino a toccare lo zero; oppure a come si è evoluto il lavoro del fotografo o dell’operatore video man mano che le attrezzature per produzione e post-produzione sono diventate sempre più economiche; oppure ancora alla possibilità di produrre musica in casa grazie ai personal computer. Quello che si è visto in un primo momento è stato il moltiplicarsi dei lavoratori impegnati in queste professioni, dati i minori costi di accesso e il fatto che ci fosse un pubblico interessato a pagare per qualcosa che fino a poco tempo prima non si sarebbe potuto permettere. Col tempo, però, le cose sono cambiate.
La massa di nuovi contenuti ha infatti reso rapidamente meno attraente in termini di status farsi produrre su richiesta un prodotto culturale, e il crescente numero di persone attratte da questo tipo di professioni ha spinto la concorrenza e quindi prezzi verso il basso. Il risultato è che oggi abbiamo una marea di prodotti culturali a bassissimo prezzo o persino gratis, ma la cui qualità è spesso infima e il prestigio ad essa collegato – sia nel produrli che nel “consumarli” – è diventato praticamente inesistente.
In pratica, i lavori di cultura hanno subito dalla tecnologia lo stesso tipo di impatto che hanno avuto settori come quello agricolo e manifatturiera: un iniziale rapido aumento dell’occupazione seguito da un suo più lento ma inesorabile declino. Tuttavia, per questo tipo di lavori la parabola è stata più rapida e drammatica, per via di tre cruciali differenze.
Anzitutto, i lavori di cultura sono sempre stati considerati “vocazionali”, cioè si pensa che per farli si debba sentire un genuino trasporto e interesse verso di essi. Questo, paradossalmente, ha fatto in modo che venissero pagati di meno, in quanto già “ripaganti” nella loro pratica – è ben nota la storia del “ti pago in visibilità”. Inoltre, essendo i lavoratori della cultura tradizionalmente dei servitori delle classi........
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