La sterzata di Kamala, la frenata di Donald: le promesse (poche) dei candidati sul clima
All’ultima assemblea generale delle Nazioni Unite, la possibilità di una vittoria di Donald Trump il 5 novembre è stata discussa come una battuta d’arresto per l’agenda ambientalista. Un articolo del New York Times ne dava conto così: «I negoziatori sul clima venuti da Europa, America latina e alcune isole, si stanno preparando per il potenziale ritorno sul palcoscenico mondiale di Trump, che ritirò gli Stati Uniti dalla lotta al cambiamento climatico nel suo primo mandato presidenziale. Queste nazioni andranno avanti senza gli Stati Uniti se necessario, secondo i negoziatori sul clima riuniti a New York durante l’assemblea generale Onu. Ma la prima presidenza Trump fu una battuta d’arresto nella lotta al cambiamento climatico, e un suo bis rallenterebbe le cose in una fase cruciale».
Harris ha cambiato direzione sulle fonti fossili. Trump usa toni molto più soft sulle auto elettriche (per l’appoggio del patron di Tesla Elon Musk). Le strategie elettorali sono cambiate, e cambierà la politica della presidenza in arrivo
Quello che non sembra essere stato presente nella consapevolezza di questi negoziatori, è che anche con Kamala Harris alla Casa Bianca l’agenda ambientalista dell’America ha imboccato la strada di un ridimensionamento. Lo ha confermato il dibattito televisivo fra i due candidati alla vicepresidenza, J.D. Vance e Tim Walz. Il democratico si è vantato del fatto che durante la presidenza Biden la produzione di petrolio e gas sul territorio Usa ha raggiunto il massimo storico. Biden il 31 agosto lo aveva annunciato: «Sotto la mia guida gli Stati Uniti hanno aumentato in modo responsabile la produzione di petrolio così........
© Corriere della Sera
visit website