menu_open Columnists
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close

Come 120 “babaciu” stanno ripopolando un borgo nel Cuneese

4 0
yesterday
La prima sagoma che si riesce a indovinare nella bruma dicembrina, avvicinandosi a San Pietro, è quella di un pescatore intabarrato nella cerata che da un parapetto allunga la canna nel torrente, mentre dallo sfondo velato emerge il campanile della grande chiesa consacrata al santo eponimo. La temperatura sfiora lo zero, ma l’uomo è impassibile, immobile nella sua attesa paziente. Val Grana, Alpi cuneesi. San Pietro (Sen Pìe in occitano, la lingua della nazione virtuale che da qui si diffonde attraverso il Midi fino ai Pirenei) è una frazione di Monterosso, a quota 815: poco più di un chilometro, meno di un quarto d’ora risalendo a piedi lungo la via più diretta. Ma c’è anche il Sentiero del Sarvanòt, lungo e suggestivo, che si insinua per quattro chilometri in mezzo al bosco di bossi e castagni spolverati dalla prima neve, costeggiando la cappella di Santa Croce eretta alla fine del ’500 per impetrare la protezione dalla peste. Il Sarvanòt (piccolo selvatico) è uno spiritello sfuggente, figura liminale tra l’umano e il naturale, una specie di parente alpino del Munaciello napoletano: benefico verso chi rispetta il bosco, vendicativo con chi lo offende. Una serie di pannelli, lungo il percorso, racconta le sue gesta e altre leggende locali, storie di masche e di folletti silvani.Oltre due fontane che la gente del posto ha identificato come quella dell’Amore e quella della Salute, la borgata di pietra comincia discretamente a affollarsi. Un uomo che esce di casa, con un lungo bastone e una pinta di vino sotto il braccio. Un altro, accanto alla ruota della trebbiatrice, impugna la manovella. Una donna che fa capolino dietro una finestra, altre donne e uomini sui balconi. Un uomo che scavalca una ringhiera, e non si capisce bene cosa stia facendo. Una devota assorta davanti all’edicola con la scena dell’Annunciazione. Una ragazza con cesta di vimini seduta su un gradino. Su un altro gradino una vecchia che spiega un giornale. Una donna che spazza le foglie secche, e davanti a lei un uomo con zaino di cuoio pronto a raccoglierle. Una mamma che spinge la carrozzella. Un monello su una slitta, un altro che gioca con un rudimentale dondolo, bambini e bambine su tricicli e piccole biciclette. Un gruppo di persone su una panca di legno. Una lunga tavolata di commensali che pranzano all’aperto, davanti all’osteria, e poco più avanti quattro uomini che giocano a carte – con questo........

© Avvenire