La disinformazione cresce laddove è impossibile fare verifiche. Quando un fatto è provato, un documento è stato diffuso via canali ufficiali, un messaggio è rilanciato da account social reali, allora è impossibile dire che quel fatto è disinformazione. Questo è quello che è accaduto con l’avvertimento lanciato l’8 marzo (e dunque prima dell’attacco) dagli Stati Uniti su un imminente attentato contro una sala da concerto a Mosca prima: è un fatto reale.

L’avvertimento dell’ambasciata americana è passato inosservato ai più, nascosto in bella vista all’interno di un intenso ciclo di notizie. Alcune agenzie di stampa lo hanno riportato l’8 marzo ed è così che l’ho letto, quello stesso giorno. Mi aveva colpito per la specificità di dettagli che forniva, incluso il luogo del presunto attacco: "L’Ambasciata sta monitorando le notizie secondo cui gli estremisti hanno piani imminenti per prendere di mira grandi raduni a Mosca, inclusi i concerti. I cittadini statunitensi sono avvisati di evitare raduni nelle prossime 48 ore". Non si dice che gli americani sono nel mirino, ma che dovrebbero evitare grandi raduni, compresi i concerti a Mosca.

Mosca, attacco alla sala concerti: gli spettatori fuggono sul ponte Spasskiy

Quello che a un occhio inesperto poteva sembrare un avvertimento come un altro, era in realtà un'informazione di intelligence affidabile. Il tipo di avviso che gli Stati Uniti mandano solo una volta acquisite prove inconfutabili che gli "estremisti" sono in movimento: secondo l'America l'attacco sarebbe avvenuto entro 48 ore, in realtà è accaduto due settimane dopo.

Né gli americani né i russi nei giorni scorsi hanno spiegato chi sapeva cosa, ma una minaccia terroristica contro la popolazione civile è generalmente il tipo di informazione che viene discussa in dettaglio tra funzionari statunitensi e russi. Il presidente russo Vladimir Putin era a conoscenza dell'avvertimento perchè lo aveva commentato tre giorni prima dell'attacco, definendolo un tentativo di ricatto degli americani e una provocazione.

L’avvertimento rientra in un trend chiaro: da mesi gli Stati Uniti diffondono le informazioni di intelligence che hanno in mano sulla Russia e su Putin. Durante la presidenza Biden, le agenzie di intelligence hanno reso pubbliche informazioni che in passato sarebbero state discusse solo in cablogrammi o incontri privati al di fuori della portata delle orecchie e degli occhi del pubblico o della stampa. Gli Stati Uniti hanno diffuso le informazioni che avevano sulla preparazione delle truppe russe e sui loro piani per invadere l’Ucraina, hanno pubblicato le valutazioni di intelligence sulla minaccia rappresentata agli occhi del Cremlino da Pavel Prigozhin, il fondatore di Wagner poi morto in un misterioso incidente aereo, e su ciò che lo stesso Prigozhin stava preparando: il tutto poche settimane prima del suo tentato golpe. Forse sapendo che Putin avrebbe usato l'attacco, quando fosse arrivato, per incolpare l’Ucraina, come infatti è poi accaduto.

Gli spari e il terrore nella sala da concerto a Mosca

E come sta accadendo di nuovo: Putin e i suoi sostenitori stanno cercando in tutti i modi di coinvolgere l’Ucraina nella narrazione dell’attacco di Mosca, probabilmente per dare copertura a quella che sarà sicuramente una decisione impopolare, ovvero arruolare altri giovani da mandare a combattere in Ucraina per l’offensiva di primavera.

Forse l'idea dietro l’avvertimento pubblico dell'ambasciata sulle sale da concerto era che, se l'informazione non fosse stata resa pubblica, per Putin sarebbe stato più facile dare la colpa all’Ucraina, indipendentemente dal fatto che la guerra non ha nulla a che vedere con l’attentato. Così è stato: nonostante l’avviso, nonostante il fatto che fosse ufficiale e fosse stato reso pubblico, la macchina di disinformazione russa si è mossa rapidamente per sminuire l’avvertimento Usa e puntare il dito contro l'Ucraina. Con quali risultati è difficile dirlo da lontano: di certo però molti russi sono consapevoli che a colpire è stato un gruppo terroristico che ha preso di mira il Paese da dentro. Non una nazione straniera che lo ha colpito alle frontiere.

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La disinformazione cresce laddove è impossibile fare verifiche. Quando un fatto è provato, un documento è stato diffuso via canali ufficiali, un messaggio è rilanciato da account social reali, allora è impossibile dire che quel fatto è disinformazione. Questo è quello che è accaduto con l’avvertimento lanciato l’8 marzo (e dunque prima dell’attacco) dagli Stati Uniti su un imminente attentato contro una sala da concerto a Mosca prima: è un fatto reale.

L’avvertimento dell’ambasciata americana è passato inosservato ai più, nascosto in bella vista all’interno di un intenso ciclo di notizie. Alcune agenzie di stampa lo hanno riportato l’8 marzo ed è così che l’ho letto, quello stesso giorno. Mi aveva colpito per la specificità di dettagli che forniva, incluso il luogo del presunto attacco: "L’Ambasciata sta monitorando le notizie secondo cui gli estremisti hanno piani imminenti per prendere di mira grandi raduni a Mosca, inclusi i concerti. I cittadini statunitensi sono avvisati di evitare raduni nelle prossime 48 ore". Non si dice che gli americani sono nel mirino, ma che dovrebbero evitare grandi raduni, compresi i concerti a Mosca.

Né gli americani né i russi nei giorni scorsi hanno spiegato chi sapeva cosa, ma una minaccia terroristica contro la popolazione civile è generalmente il tipo di informazione che viene discussa in dettaglio tra funzionari statunitensi e russi. Il presidente russo Vladimir Putin era a conoscenza dell'avvertimento perchè lo aveva commentato tre giorni prima dell'attacco, definendolo un tentativo di ricatto degli americani e una provocazione.

L’avvertimento rientra in un trend chiaro: da mesi gli Stati Uniti diffondono le informazioni di intelligence che hanno in mano sulla Russia e su Putin. Durante la presidenza Biden, le agenzie di intelligence hanno reso pubbliche informazioni che in passato sarebbero state discusse solo in cablogrammi o incontri privati al di fuori della portata delle orecchie e degli occhi del pubblico o della stampa. Gli Stati Uniti hanno diffuso le informazioni che avevano sulla preparazione delle truppe russe e sui loro piani per invadere l’Ucraina, hanno pubblicato le valutazioni di intelligence sulla minaccia rappresentata agli occhi del Cremlino da Pavel Prigozhin, il fondatore di Wagner poi morto in un misterioso incidente aereo, e su ciò che lo stesso Prigozhin stava preparando: il tutto poche settimane prima del suo tentato golpe. Forse sapendo che Putin avrebbe usato l'attacco, quando fosse arrivato, per incolpare l’Ucraina, come infatti è poi accaduto.

E come sta accadendo di nuovo: Putin e i suoi sostenitori stanno cercando in tutti i modi di coinvolgere l’Ucraina nella narrazione dell’attacco di Mosca, probabilmente per dare copertura a quella che sarà sicuramente una decisione impopolare, ovvero arruolare altri giovani da mandare a combattere in Ucraina per l’offensiva di primavera.

Forse l'idea dietro l’avvertimento pubblico dell'ambasciata sulle sale da concerto era che, se l'informazione non fosse stata resa pubblica, per Putin sarebbe stato più facile dare la colpa all’Ucraina, indipendentemente dal fatto che la guerra non ha nulla a che vedere con l’attentato. Così è stato: nonostante l’avviso, nonostante il fatto che fosse ufficiale e fosse stato reso pubblico, la macchina di disinformazione russa si è mossa rapidamente per sminuire l’avvertimento Usa e puntare il dito contro l'Ucraina. Con quali risultati è difficile dirlo da lontano: di certo però molti russi sono consapevoli che a colpire è stato un gruppo terroristico che ha preso di mira il Paese da dentro. Non una nazione straniera che lo ha colpito alle frontiere.

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Perché da mesi gli Stati Uniti diffondono le informazioni di intelligence che hanno in mano sulla Russia e su Putin

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27.03.2024

La disinformazione cresce laddove è impossibile fare verifiche. Quando un fatto è provato, un documento è stato diffuso via canali ufficiali, un messaggio è rilanciato da account social reali, allora è impossibile dire che quel fatto è disinformazione. Questo è quello che è accaduto con l’avvertimento lanciato l’8 marzo (e dunque prima dell’attacco) dagli Stati Uniti su un imminente attentato contro una sala da concerto a Mosca prima: è un fatto reale.

L’avvertimento dell’ambasciata americana è passato inosservato ai più, nascosto in bella vista all’interno di un intenso ciclo di notizie. Alcune agenzie di stampa lo hanno riportato l’8 marzo ed è così che l’ho letto, quello stesso giorno. Mi aveva colpito per la specificità di dettagli che forniva, incluso il luogo del presunto attacco: "L’Ambasciata sta monitorando le notizie secondo cui gli estremisti hanno piani imminenti per prendere di mira grandi raduni a Mosca, inclusi i concerti. I cittadini statunitensi sono avvisati di evitare raduni nelle prossime 48 ore". Non si dice che gli americani sono nel mirino, ma che dovrebbero evitare grandi raduni, compresi i concerti a Mosca.

Mosca, attacco alla sala concerti: gli spettatori fuggono sul ponte Spasskiy

Quello che a un occhio inesperto poteva sembrare un avvertimento come un altro, era in realtà un'informazione di intelligence affidabile. Il tipo di avviso che gli Stati Uniti mandano solo una volta acquisite prove inconfutabili che gli "estremisti" sono in movimento: secondo l'America l'attacco sarebbe avvenuto entro 48 ore, in realtà è accaduto due settimane dopo.

Né gli americani né i russi nei giorni scorsi hanno spiegato chi sapeva cosa, ma una minaccia terroristica contro la popolazione civile è generalmente il tipo di informazione che viene discussa in dettaglio tra funzionari statunitensi e russi. Il presidente russo Vladimir Putin era a conoscenza dell'avvertimento perchè lo aveva commentato tre giorni prima dell'attacco, definendolo un tentativo di ricatto........

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