Foto di Victor Nnakwe su Unsplash

Ogni paese del mondo si trova ad affrontare una moltitudine di sfide e di desideri contrastanti per il futuro. Idealmente, tutti noi vorremmo far fronte a tutto, ma la scarsità di risorse comporta, nella vita reale, la necessità di stabilire delle priorità.

Dire che alcune cose devono avere la precedenza genera controversie, perché implica anche dire che molte cose non avranno la precedenza. È per questo che tanti politici evitano di indicare esplicitamente le priorità e preferiscono far credere che tenteranno davvero di fare tutto.

A livello globale, questo approccio è stato cristallizzato nei cosiddetti Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite [Sustainable Development Goals, ndt]. Si tratta di promesse sottoscritte da ogni singolo paese allo scopo di raggiungere quasi letteralmente qualunque cosa buona immaginabile entro il 2030. Nell’ambito di questi 169 verbosi obiettivi, il mondo si è impegnato a sradicare la povertà estrema e la fame, a mettere fine all’Aids, alla tubercolosi e alla malaria, a fermare le guerre, i cambiamenti climatici e la corruzione, a migliorare l’istruzione e l’assistenza sanitaria, a salvare la biodiversità, ridurre le disuguaglianze, creare posti di lavoro per tutti, persino a promuovere il turismo sostenibile e a moltiplicare i parchi urbani per i disabili.

A causa dell’incapacità di stabilire un ordine di priorità per questi obiettivi, le organizzazioni per lo sviluppo, i donatori e i governi hanno disperso fondi in tutte queste aree di intervento. Di conseguenza, il mondo non sta tenendo fede a nessuna delle sue promesse.

Per fortuna sempre più governi e organizzazioni in tutto il mondo hanno iniziato a concentrarsi su quelle promesse, fra tutte, che possono funzionare davvero.

Abbiamo collaborato con il think tank Copenaghen Consensus e con molti tra i più importanti economisti del mondo per verificare quali interventi, nell’ambito delle tante promesse del mondo, potrebbero produrre i maggiori benefici. I nostri riscontri, sottoposti a revisione paritaria, sono disponibili gratuitamente e possono essere consultati anche nel libro Best Things First. Offrono ai politici di tutto il mondo una tabella di marcia con le 12 iniziative più intelligenti da intraprendere.

Una delle soluzioni più efficaci consiste nel migliorare l’apprendimento nelle scuole elementari utilizzando per un’ora al giorno tablet dotati di software didattico. In questo modo ogni studente impara molto più velocemente perché il tablet impartisce lezioni di livello esattamente adeguato allo studente.

Lavorando con la National Planning Commission del Malawi, gli economisti hanno individuato questo approccio come una delle iniziative migliori in assoluto per il Malawi. Malgrado la scarsità di risorse, le ricerche hanno dimostrato che ogni dollaro speso per migliorare l’insegnamento agli studenti con i tablet produrrebbe ben 106 dollari di maggiore produttività a lungo termine. È uno dei motivi per cui il governo ha deciso di concentrare fortemente le risorse su questa linea di intervento. Il Malawi ha già messo quasi mezzo milione di bambini davanti ai tablet didattici e l’obiettivo è portare l’apprendimento adattivo su tablet a tutti i 3,5 milioni di bambini delle prime quattro classi entro questo decennio.

Ma i tablet non sono l’unico strumento. L’India ha adottato una soluzione più economica e meno tecnologica, facendo rimescolare alle scuole le classi degli studenti per un’ora al giorno, in modo che tutti gli alunni si trovino nella classe corrispondente al loro effettivo livello di apprendimento. Questo metodo può portare a interazioni sociali imbarazzanti tra bambini di età diverse, ma poiché non richiede nuove tecnologie è anche molto più economico. È stato dimostrato che un anno di questo approccio equivale a due anni di istruzione scolastica normale.

Insegnare agli studenti al loro livello è un metodo di efficacia straordinaria e sta ricevendo un’attenzione crescente: ad esempio, la Colombia sta sperimentando questo approccio, pensato per migliorare l’alfabetizzazione nelle comunità a basso reddito e nelle scuole delle aree rurali.

Analogamente, portare online la pubblica amministrazione consente di aumentarne drasticamente l’efficienza. Durante la collaborazione in Ghana con la National Development Planning Commission, la nostra ricerca ha evidenziato la capacità della digitalizzazione di snellire la burocrazia e di tagliare tempi di attesa e incertezze per i cittadini. Le amministrazioni locali del Ghana, responsabili delle infrastrutture e della erogazione dei servizi, dipendono ancora dai trasferimenti del governo centrale per finanziare il loro sviluppo, e generano con risorse proprie appena il 20 per cento circa del loro bilancio totale. Una riscossione delle entrate semplificata e digitalizzata è potenzialmente in grado di migliorare la loro capacità di autonomia. La digitalizzazione delle imposte sugli immobili e sulle imprese può rendere molto più efficiente la riscossione delle tasse, cosa che aiuterà i comuni a garantire i migliori servizi possibili ai cittadini. Calcolando sia i costi che il tempo e il denaro risparmiato, ogni dollaro speso per questo intervento produce un ritorno quasi nove volte superiore.

Anche altri paesi stanno dando priorità alla digitalizzazione, ad esempio pubblicando online tutti i loro appalti, il cosiddetto e-procurement. Dal momento che i governi sono spesso i maggiori committenti del paese e il sistema degli appalti è spesso molto corrotto, transazioni più trasparenti possono garantire meno corruzione e maggior valore per il denaro dei contribuenti. Il Brasile è passato a un sistema di e-procurement che ha ottenuto riconoscimenti per la riduzione degli sprechi dovuti alla corruzione, mentre la riforma dell’Indonesia ha portato a una «significativa riduzione» della corruzione. L’e-procurement è stato recentemente implementato in Ghana ed è in via di realizzazione in Malawi.

Altri paesi in tutto il mondo hanno enormi possibilità di individuare e dare priorità alle misure in grado di produrre il maggior impatto per ogni dollaro speso. Invece di pretendere di realizzare tutto per tutti promettendo qualsiasi cosa buona, dobbiamo concentrarci su un obiettivo più preciso e intelligente: non si può fare tutto, dunque dovremmo partire dalle politiche che consentono di ottenere il maggior risultato per ogni dollaro.

* * *

Kodjo E. Mensah-Abrampa è direttore generale della National Development Planning Commission del Ghana, Thomas Chataghalala Munthali è direttore generale della National Planning Commission del Malawi, Bjorn Lomborg è presidente del Copenhagen Consensus.

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Dategli un tablet e si svilupperà il mondo

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24.03.2024
Foto di Victor Nnakwe su Unsplash

Ogni paese del mondo si trova ad affrontare una moltitudine di sfide e di desideri contrastanti per il futuro. Idealmente, tutti noi vorremmo far fronte a tutto, ma la scarsità di risorse comporta, nella vita reale, la necessità di stabilire delle priorità.

Dire che alcune cose devono avere la precedenza genera controversie, perché implica anche dire che molte cose non avranno la precedenza. È per questo che tanti politici evitano di indicare esplicitamente le priorità e preferiscono far credere che tenteranno davvero di fare tutto.

A livello globale, questo approccio è stato cristallizzato nei cosiddetti Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite [Sustainable Development Goals, ndt]. Si tratta di promesse sottoscritte da ogni singolo paese allo scopo di raggiungere quasi letteralmente qualunque cosa buona immaginabile entro il 2030. Nell’ambito di questi 169 verbosi obiettivi, il mondo si è impegnato a sradicare la povertà estrema e la fame, a mettere fine all’Aids, alla tubercolosi e alla malaria, a fermare le guerre, i cambiamenti climatici e la corruzione, a migliorare l’istruzione e l’assistenza sanitaria, a salvare la biodiversità, ridurre le disuguaglianze, creare posti di lavoro per tutti, persino a promuovere il turismo sostenibile e a moltiplicare i parchi urbani per i disabili.

A causa dell’incapacità di stabilire un ordine di priorità per questi obiettivi, le organizzazioni per lo sviluppo, i donatori e i governi hanno disperso fondi in tutte queste aree di intervento. Di conseguenza, il mondo non sta tenendo fede a nessuna delle sue promesse.

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