Natura morta con occupazione comunista di rettorato
Più osservo le immagini e le scene, spesso variopinte, carnevalesche, surreali e grottesche, più sento fluttuare nell’aria le piagnucolanti rivendicazioni politico-narcisistiche, più mi rendo conto che lo spazio accademico italiano, intessuto di rettorati sotto occupazione dei collettivi e di inaugurazioni dell’anno accademico trasformate in cineforum maoista, è rifluito alle pagine di un capolavoro graffiante e kitsch del postmodernismo americano.
L’inferno però non comincia più nel giardino, come avrebbe scritto il sempre ottimo Jonathan Lethem, ma negli uffici o nell’aula magna agghindata a festa palestinese di un qualunque ateneo italiano.
L’Università di Torino e gli accordi con gli Atenei in Israele
Pynchon, David Foster Wallace, Barthelme, Wright avrebbero avuto difficoltà a immaginarsi la scena di un consesso di accademici di chiarissima fama che discutono, oddio discutono, sotto dettatura di un manipolo di giovanotti dei collettivi, agghindati come jihadisti a un vernissage nell’East Village newyorchese, dove la Striscia di Gaza in genere è un altro genere di striscia e le parole blese del post-colonialismo e delle teorie critiche di genere, e di ogni altra cosa, sono espedienti semantici utili a passare una serata allegra tra foto senza senso e politica ridotta a feticismo spicciolo da cantinetta.
Torino, certo. Dove il Senato accademico, per accontentare i campeggiatori della guerra di liberazione in assenza di un Gillo Pontecorvo che ne potesse filmicamente cantare le lodi, ha........
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