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Non trasformate il Ssn in un servizio di morte assistita

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21.10.2024

Nessuna Regione ha il potere di legiferare in tema di «aiuto al suicidio», né di assumere in materia di suicidio assistito una funzione di “completamento” dell’assetto normativo derivato dalle leggi dello Stato e dalle pronunce della Corte costituzionale.

«In materia penale, infatti, la riserva è assoluta», spiega il noto penalista Luciano Eusebi ai consiglieri lombardi, ricordando che è di questo che stanno parlando mentre discutono la proposta di legge dell’Associazione Coscioni sul suicidio assistito: dell’oggetto di una norma penale coperta da riserva assoluta di legge. Ciò significa che, al contrario di quanto è possibile in materia civile o amministrativa, qui modifiche all’ambito applicativo possono essere determinate solo dal legislatore statale o dalla Consulta. Nemmeno l’“inerzia” del parlamento potrebbe mai fondare «una competenza regionale per “sussidiarietà”, o comunque sostitutiva a quella dello Stato».

«No a un modello di Ssn che assiste il malato e al contempo il suicidio»

Continuano le audizioni in Commissione Affari istituzionali e Sanità di Regione Lombardia sulla pdl dei radicali, e sono sempre di più gli esperti di diritto a condividere le preoccupazioni di costituzionalisti del calibro di Nicolò Zanon, giudice emerito della Consulta («Non varcate il Rubicone sul fine vita»). Non manca, Eusebi, ordinario di Diritto penale all’Università Cattolica di Milano, di richiamare in audizione il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato (che ha già acclarato, su richiesta del Veneto, come non spetti alle Regioni legiferare in materia), e insistere sull’estrema importanza di «non oltrepassare i confini segnati dalla Corte costituzionale in tema di “aiuto al suicidio” anche con riguardo al ruolo del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn)».

Si tratta per il professore di «evitare che venga proposto all’opinione pubblica un modello di un Ssn presso il quale, parallelamente, alcuni malati sono assistiti sul piano terapeutico e palliativo mentre altri, nelle medesime condizioni, sono aiutati a porre termine alla loro vita: come se si trattasse di percorsi ordinari fra loro alternativi. È per questo che la Corte Costituzionale non ha affidato alle strutture sanitarie del Ssn alcun compito di esecuzione delle procedure volte ad agevolare “l’esecuzione del proposito di suicidio”, affidando piuttosto a “una struttura pubblica del Ssn” la verifica dell’effettivo sussistere dei requisiti».

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