Giovanni Sallusti ha ben affrescato il paradosso nel suo libro Mi mancano i vecchi comunisti (Liberilibri); non mancano a nessuno, ovviamente, ma davanti allo spettacolo, sovente farsesco, del disfacimento della attuale sinistra, a qualcuno quel pensiero è senza dubbio alcuno venuto. Perché, una volta, la forma-partito ispirata a una visione del mondo, una visione turpe e liberticida per carità ma almeno strutturata, portava alla compilazione delle liste elettorali con un piglio geometrico, attento a variabili ed elementi territoriali, sociali, culturali, prettamente politici. Oggi invece in questo tritacarne sospeso tra accelerazione social, contingenza spicciola e variamente segnaletica, assistiamo a scenari che sembrano apparire sputati fuori da uno spettacolo comico. E nemmeno dei più divertenti.
Elly Schlein e le liste del Pd. Tragedia, farsa e soap opera
La storia, come usava dire Hegel citato poi da Marx, tende sempre a ripetersi, la prima volta è tragedia, poi diviene farsa. Ecco, ora noi siamo nel punto che va lasciandosi alle spalle pure la farsa e che farebbe finire Marx sulle assi del palcoscenico di Zelig, a prendersi qualche torta in faccia, in una psicogeografia da avanspettacolo.
Mi riferisco in particolare alla querelle, trascolorante nella livida soap-opera, della candidatura di Iaria Salis nelle liste del Pd in vista delle elezioni europee. Parliamoci chiaro; l’intera operazione di riempimento delle liste da parte della Schlein si sta rivelando un calvario capace di regalare soddisfazioni agli avversari e al contempo mal di pancia interni al partito davvero non da poco.
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