Avetrana non è Hollywood, ma tira più del film su Trump

Una delle immagini più emblematiche dell’alluvione che sabato 19 ottobre ha colpito Bologna e la sua provincia è quella di un rider che si fa largo nelle strade, diventate fiumi, per riuscire a portare a termine la sua consegna. Il ciclofattorino, simbolo delle storture della gig economy, è protagonista al cinema di due film da poco usciti in sala, dove al tema del lavoro dei rider si unisce anche quello dell’immigrazione.

Anywhere Anytime, vincitore del premio Luciano Sovena alla Miglior produzione indipendente alla Settimana internazionale della Critica (sezione autonoma e parallela dell’ottantunesima Mostra del Cinema di Venezia), è il debutto nel lungometraggio del regista iraniano Milad Tangshir, che rilegge con sensibilità attuale la lezione del neorealismo italiano. A Torino Issa (Ibrahima Sambou), senegalese che ha appena perso il lavoro perché immigrato clandestino, usa le credenziali dell’amico in regola per entrare nell’universo delle app di consegna dei cibi. Tutto precipita però quando gli viene rubata la bicicletta, strumento cardine della sua nuova occupazione.

La storia di Souleymane è ambientata a Parigi, dove il protagonista del titolo è un rider guineano – interpretato da Abou Sangare, un reale sans papier – che sfreccia per le strade della capitale francese come fattorino, nell’attesa di recarsi all’appuntamento decisivo con l’Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi (OFPRA) per la richiesta di asilo. Grazie anche a una narrazione avvincente e frenetica, il film scritto e diretto da Boris Lojkine è stato la rivelazione dell’ultimo festival di Cannes, con ben due premi (premio della Giuria e Migliore attore) ottenuti nella sezione Un Certain Regard.

Vicende intime, quelle di Anywhere Anytime e La storia di Souleymane, che acquistano dimensione sociale e collettiva, raccontando di un’Europa indifferente e inospitale, civilizzata ma incivile. Cinema d’autore e indipendente che sente l’esigenza di rappresentare la marginalità, l’invisibilità e la precarietà.

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