I precedenti delle attuali peripezie giudiziarie del Generale di Divisione Roberto Vannacci sono noti. Nella scorsa estate l’alto ufficiale diede alle stampe un libro intitolato Il mondo al contrario. Si tratta d’una cospicua silloge d’osservazioni ascrivibili alla categoria del luogo comune, spesso anche della banalità. In varie parti, come sempre per i luoghi comuni che tali sono appunto perché comuni, anche condivisibili; in tante altre, frutto di pensiero troppo acritico per prestarsi ad un serio confronto d’idee; e dunque sarebbe stato da attendersi che quel volume rimanesse ignorato. Invece no: per un fenomeno di contagio collettivo, pagine frutto di pregiudizi spesso anche inconsapevoli e di sicuro non verificati nel confronto con idee più articolate ed in linea con una cultura avanzata come dovrebbe essere quella della civiltà occidentale, sono divenute un manifesto. Sono diventate in altri tempi il simbolo d’un modo di pensare intollerante, a digiuno di senso storico, fermo a valori superati da almeno cento anni, ma che evidentemente continuano a scorrere, indisturbati e condivisi, perché incrocianti istintualità presenti nell’animo umano. Ovviamente, questo è solo il mio punto di veduta che so ampiamente criticabile e criticato, ma tant’è. Non è però di ciò che qui vorrei parlare, anche se la premessa serve a comprendere. Il Generale Vannacci è conseguentemente divenuto un simbolo politico ed è stato anche identificato da un partito che di alcune o........