Reato di abuso d’ufficio: perché l’Anm ha ragione

Non ho difficoltà a riconoscere che le reazioni dell’Associazione Nazionale dei Magistrati all’abolizione del reato di abuso in atti d’ufficio abbiano una loro fondatezza. L’encomiabile sensibilità di quell’organizzazione per le ragioni dello Stato di diritto, per carità, non sapessi da dove provengono, quasi mi stringerebbe il cuore. Indubbiamente, sottrarre una sfera importante dell’azione della Pubblica Amministrazione al controllo penale, non è scelta dappoco. L’abuso in atti d’ufficio dovrebbe, a farla breve, contrastare la soperchieria del pubblico funzionario il quale, facendosi forte del potere amministrativo, vessi il cittadino. È un’area effettivamente presente nella quotidiana esperienza che si fa del potere pubblico. Quante volte, soprattutto quando ci si trova in dimensioni spaziali ristrette – nei tanti piccoli comuni italiani – è una realtà l’atto amministrativo motivato dal malanimo, dallo spirito di fazione, da rivalità d’ogni sorta, anche sentimentali (e parlo per vicende che ho avuto modo d’incrociare professionalmente): una realtà che può creare molto danno personale, familiare, sociale. Si aggiunga che i rimedi cosiddetti interni alla pubblica amministrazione – procedimenti disciplinari, controlli gerarchici, poteri sostitutivi – nell’attuale sfascio della macchina pubblica sono praticamente inesistenti. Anche dinanzi ai soprusi più........

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