È scoppiato lo scandalo dei tassisti a Napoli. È scoppiato perché incorsi nei soprusi della categoria – d’una non trascurabile parte di quella categoria – maggiorenti locali: consiglieri comunali, personaggi della politica, rilevanti signori. Andrebbe bene, se servisse a superare il problema. Temo non sia così. Posso spiegare come vanno le cose, perché anch’io ne son rimasto vittima, e non ho ritenuto di denunziare pubblicamente questa condotta, manifestando poco senso civico, questo sì, ma spiegherò tra un attimo perché.
Le cose, allora, vanno così. Chi approda alla Stazione Centrale – non diversamente che all’aeroporto o al molo Beverello – s’inscrive nella fila, si fa per dire, dei clienti che aspirano al trasporto a mezzo taxi. Qualche settimana fa, di quella fila, grazie al mio passo spedito, ero il primo. E, memore dell’insegnamento di Santi Romano – e di vari altri prima di lui – secondo il quale la ‘fila’ è la germinale espressione della socialità del diritto, ho rivendicato il diritto appunto ad essere accolto da una delle vetture che facevano di sé bella mostra, con tanto delle insegne proprie del trasporto pubblico. Primo in fila, primo ad essere trasportato.
Osservando d’essere, invece, ignorato, ho iniziato a chiedere chi fosse ‘primo’ tra gli autisti a dover ricevere il cliente per recapitarlo alla sua meta. Nulla. Seconda, terza, quarta richiesta – sono, in certe occasioni, alquanto insistente – nulla. Meglio. Un criminaluccio che credo capeggiasse la........