La partecipazione sempre più deludente degli elettori alle tornate per il rinnovo delle assemblee e dei presidenti delle Regioni ha spinto tanti commentatori ad interrogarsi sulle ragioni d’una così marcata disaffezione per l’esercizio del voto, fondamento d’ogn’altra forma d’organizzazione del potere pubblico. E la risposta comunemente data è alquanto scontata, quella della cosiddetta crisi della democrazia, ritenuta sistema di gestione degli interessi collettivi invecchiato, incapace d’esprimere contenuti sostanziosi e fattivi: un sistema in cui alla ritualità del momento elettorale, non corrisponde alcun effettivo contenuto legittimante per le dirigenze. Ora, che questi elementi concorrano a dar ragione di un processo d’allontanamento della comunità dalle occasioni in cui può esprimere la ‘propria volontà’, è certamente esatto. Non c’è dubbio che se le percentuali di presenza alle urne stiano inesorabilmente – non è detto irreversibilmente – decrescendo, il fenomeno deve avere spiegazione in un certo qual progressivo distacco o, se si vuole, disincanto dell’elettore per tali percorsi democratici, avvertiti sempre più come formali e privi di effettiva sostanza – né più né meno che modi in cui la politica si autoperpetua. Ma, come sempre accade quando devono spiegarsi i percorsi complessi e controversi della postmodernità, un eccesso di semplificazione, di reductio ad unum,........