L’ or ora terminato vertice del G7 in quel di Borgo Egnazia dà l’occasione, lo spunto meglio direi, per qualche riflessione che valica l’episodio, la cui rilevanza storica mi pare si presenti non travolgente: ma per stabilire rilevanze storiche ci vuole la prospettiva e la prospettiva richiede il trascorrere del tempo, un tempo che qui non è ancora passato. Ad altro m’ha spinto a pensare, quest’ultimo vertice. Un tempo non troppo lontano, riunioni di tal sorta si svolgevano nella medicea Villa Madama, posta sulle pendici di Monte Mario, nell’una volta periferia romana, non distante dalla sede del Ministero degli Esteri. Atmosfera sobria, architettura raffaellesca sì, ma nulla di spettacolare in senso odierno. Oggi le cose sono diverse, ed è bene vederle, lasciando in disparte per quanto possibile il giudizio di valore, che è troppo connotato da tratti generazionali, formazioni personali, valutazioni tremendamente soggettive. Anche se l’osservazione è necessariamente selettiva e giudicante, altrimenti nulla si comprenderebbe. Anzitutto, i medi hanno gareggiato nel parlare dei ‘Sette Grandi’. Non avrebbe dovuto essere così, soprattutto in una cultura genuinamente democratica. Ad esser grandi, non sono i soggetti che rappresentavano i Paese, ma – se qualcosa di grande effettivamente c’è, ed è a dubitarne – i sette Paesi, appunto, i loro laboriosi cittadini. Ed invece, la spettacolarità – tratto caratteristico del momento – porta alla personalizzazione… e grandi diventano costoro, i capi degli Stati grandi. Un........