Famiglia del bosco, la storia dall’inizio passo per passo: la verità giudiziaria sul caso Palmoli /

Palmoli (Chieti) – Funghi selvatici. Un avvelenamento. Una banale intossicazione alimentare. Nathan Trevallion, Catherine Birmingham e i tre figli finiscono al pronto soccorso con sintomi gastrointestinali: vomito, disidratazione. “I genitori rifiutano l’utilizzo del sondino naso-gastrico (verosimilmente poiché fatto di silicone o poliuretano)” durante il ricovero in ospedale ed è il segnale che fa emergere “l’assoluta indisponibilità” a derogare “anche solo temporaneamente e in via emergenziale ai principi ispiratori delle proprie scelte esistenziali”. È il settembre 2024. La storia “visibile” della famiglia del bosco di Palmoli inizia in questo momento: l’ospedale allerta i carabinieri, l’Arma informa i servizi sociali, per la prima volta finisce nero su bianco la situazione di “sostanziale abbandono in cui si trovavano i minori”, i due gemellini di 6 e la sorella maggiore di 8 anni.

Quella famiglia isolata, in piena natura, ritirata dalla vita civile, esce dal bosco e diventa un fascicolo in Procura. I Trevallion abitano un rudere semi-diroccato e una roulotte in contrada Mondola, una condizione abitativa “disagevole e insalubre”; i fratellini non hanno un medico di riferimento, non sono mai stati visitati da un pediatra e non sono iscritti a scuola, dunque lasciati “privi di istruzione e assistenza sanitaria”. Per provare a sbrogliare la matassa del caso Palmoli bisogna dunque necessariamente ripartire da qui, provando a mettere in ordine le carte giudiziarie e le testimonianze. Sforzarsi, infine, di restare neutrali di fronte al carattere neorurale e romantico della storia. Attenersi ai fatti, sospendendo le opinioni.

Le prime relazioni di servizi e sociali e carabinieri sono datate 23 settembre e 4 ottobre 2024. Mettono per la prima volta in fila gli “indizi di preoccupante negligenza genitoriale, con particolare riguardo all’istruzione dei figli e alla vita di relazione degli stessi”. La casa priva di servizi igienici essenziali e corrente elettrica (non conforme alle “prescrizioni normative vigenti”), l’assenza di socialità, l’homeschooling gestito dalla mamma costituiscono “una situazione di pregiudizio dei figli”. E qui lo scenario cambia improvvisamente. Catherine scappa da Palmoli e si rifugia da un’amica a Bologna facendo perdere le proprie tracce a investigatori e servizi sociali. Nel rudere resta solo Nathan. 

A metà novembre è la stessa Catherine a mettersi in contatto con i carabinieri, dicendo che non avrebbe “rivelato assolutamente la posizione” a causa della “minaccia che ci portino via i nostri figli”. A questa mail ne seguono altre, fino a quando un avvocato consiglia alla famiglia di “non nascondersi alle istituzioni”. Siamo a inizio dicembre 2024: l’appello resta inascoltato. Solo il giorno di Natale Catherine si fa di nuovo viva con una email alla polizia: svela l'indirizzo esatto dove si trova con i figli. Valsamoggia, Bologna. Poi torna in Abruzzo, nel casolare tra i boschi, con la speranza che il procedimento dei servizi sociali venga accantonato. Non sarà così.

Dopo la fuga e il ritorno a Palmoli la Procura del tribunale per i minori dell’Aquila chiede “la limitazione della responsabilità genitoriale con affidamento” ai servizi sociali, anche al fine di “provvedere al collocamento più adeguato per i minori”. Con un decreto del 24 aprile, confermato da un’ordinanza del 22 maggio, il Tribunale “affida i minori al Servizio sociale, attribuendogli il potere esclusivo di decidere sul loro collocamento, nonché sulle questioni di maggior rilevanza in materia sanitaria”.

I genitori di Palmoli vengono ascoltati in un paio di udienze. In un incontro con i giudici “hanno........

© Quotidiano