Le mostre vanno pensate: anche quelle sugli artisti più visti e conosciuti. Una mostra di Picasso sembra una facile e cadenzata proposta per attirare visitatori attraverso il simbolo stesso dell’arte moderna, che poi è contemporanea.
Picasso è il punto di rottura con la storia della pittura tradizionale, ma egli è la continuazione di Raffaello, di Tiziano e di Velázquez. È un pittore d’avanguardie e, insieme, un classico. Picasso ha molte facce, e le abbiamo viste tutte, anche se forse, nella accelerazione dei tempi e nella diversità dei campi, non si è ancora messo a confronto Cubismo e Futurismo, con gli incroci fra Boccioni e Picasso, e poi con Soffici e Picasso,tra Severini e Picasso, fra Morandi e Picasso.
I rapporti tra gli artisti italiani, documentati sulle riviste La Voce e Lacerba, e i cubisti Braque e Picasso sono intensi e vivi, e meriterebbero una mostra in Italia, non generalista, ma focalizzata sul decennio 1907-1917. Milano invece si concentra ancora una volta su Picasso, ma sotto un punto di vista insolito e curioso. Verificandone la natura di straniero nella città in cui più lavorò e visse.
Il pensiero più naturale è, inevitabilmente: Picasso e la Francia, Picasso e Parigi, non meno che Picasso e la Spagna. Parigi significa l’ambiente naturale per lui: Gertrude Stein, Amedeo Modigliani, il cubismo, Guillame Apollinaire, Chaïm Soutine, Marc Chagall, Constantin Brâncusi. Tutti lì. È vero: tutti stranieri, ma nel luogo giusto, una nuova patria. Così si penserebbe. E invece una studiosa scettica ha aperto una nuova strada, affiancando a Picasso l’idea dominante dell’ultima Biennale di Venezia, curata da Adriano........© Panorama