L'amore fatto d'arte di Francesco Arcangeli

Esce l’epistolario del grande critico bolognese con Gabriella Festi, la donna che ne ha segnato la vita, tracciando un percorso tra le sue inquietudini sentimentali e le passioni di studioso. A partire dalle geniali intuizioni sulle affinità di maestri del passato e contemporanei, da Piero della Francesca a Piet Mondrian e Giorgio Morandi

Sono passati più di cinquant’anni. E per qualcuno sarà ancora oggi una novità, una scoperta che discende dal ritrovamento di un epistolario che affianca un grande pensiero critico. Io non posso dimenticare quel pomeriggio di aprile del 1971 quando Francesco Arcangeli, il mio maestro più che professore di storia dell’arte, all’Università di Bologna, nella stessa aula in cui più di vent’anni prima Roberto Longhi aveva aperto nuove strade alla critica d’arte e inaugurato la Padania, ci mostrava sulle fotografie (erano ancora, probabilmente, anzi certamente, in bianco e nero, ma qui il ricordo si fa più impreciso) le corrispondenze e le coincidenze fra artisti e opere lontani, nell’ardito viaggio da Wiligelmo a Pollock, oltre i confini temporali e spaziali.

Ma il cuore di quell’insegnamento, tra affinità e rimandi, era la definizione di arte astratta oltre i codici della cronologica contemporaneità. Certo da lì derivava il convincimento (non solo mio) che tutta l’arte è arte contemporanea. Si ritorna ad Arcangeli con la pubblicazione delle lettere scritte e scambiate con Gabriella Festi (Come un ricordo remoto d’amore, Pendragon) struggenti per un complesso travaglio sentimentale che non ebbe modo di compiersi, e che ce li fa vedere più affini sul piano razionale, con molte utili suggestioni sui temi e i motivi di studio di Francesco.

Le 65 lettere, che coprono trent’anni, dal 1943 al 1969, raccontano i momenti di una vicenda amorosa, conflittuale e spesso dolorosa, con risvolti di rara delicatezza, da cui emergono........

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